Lunga intervista di Massimiliano Allegri su “Il Corriere della Sera”. L’ex tecnico della Juventus ha parlato di calcio e del suo futuro con Mario Sconcerti. Allegri, in particolare, si è soffermato sul ruolo dell’allenatore spiegando che «il calcio secondo me è capire questo, le singole doti applicate alle situazioni singole».
«Non uno schema fine a sè stesso – ha aggiunto –. Un uomo che si integra e si completa con un altro fino a fare un reparto. Questo non te lo dice un numero, un tablet o un algoritmo. O lo senti da solo o non capirai mai la partita. Per questo sono convinto che l’allenatore si riconosca solo il giorno della partita».
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Al fine di creare figure competenti, Allegri ha spiegato che al nostro calcio mancano «i dirigenti. Abbiamo vissuto di intuito per molti anni, ora è tempo di costruirli. Non immaginiamo cosa significhi per un allenatore avere al fianco gente come Galliani o Marotta. Per me fu decisivo già Cellino ai tempi del Cagliari».
«Il calcio – ha proseguito l’allenatore toscano – è troppo una via di mezzo: si prendono manager bravissimi che non lo conoscono, o gente di calcio che non è un vero manager. Io l’ho detto a Coverciano, dobbiamo aprire al futuro, preparare continuamente la nuova classe dirigente. Servono corsi su corsi, esami duri, riscontri di competenze specifiche».
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«Diamo Coverciano in mano alle grandi menti del calcio: faccio due nomi, Lippi e Capello, hanno fatto tutto nella loro carriera e sono ancora giovani. Basta con gli amici degli amici. Se non avremo buoni dirigenti non avremo nemmeno buoni allenatori. Infatti, non sappiamo più a chi dare le grandi squadre. Dobbiamo chiedere ai migliori di darci una mano. Aver fiducia nella qualità più che sulla buona volontà», ha concluso Allegri.