Il Decreto Crescita per il calcio: come può aiutare la Serie A

Uno dei temi più caldi dell’asse calciomercato-politica di questa sessione estiva ormai alle porte è certamente il Decreto Crescita. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 aprile, dovrà essere…

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Uno dei temi più caldi dell’asse calciomercato-politica di questa sessione estiva ormai alle porte è certamente il Decreto Crescita. Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale lo scorso 30 aprile, dovrà essere convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni. Pena la perdita di efficacia delle normative contenute nel testo.

Come già pubblicato su questa testata, la nuova normativa varata lo scorso 30 aprile prevede l’esenzione ai fini Irpef del 70% dei redditi di lavoro percepiti dai lavoratori italiani e stranieri che sono stati residenti due anni all’estero, che si trasferiscono in Italia e che si impegnano a rimanervi per almeno un biennio. La novità dei giorni scorsi riguarda una modifica dell’imponibile ripreso a tassazione. Il Governo ha infatti presentato un emendamento al decreto che riduce il bonus fiscale previsto originariamente. Il reddito considerato ai fini Irpef non sarà più il 30% bensì il 50% (inalterato il 10% per le regioni del Sud). Una novità che diminuisce lo sgravio fiscale fermo restando, però, la bontà della normativa.

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In concomitanza con la presentazione del nuovo allenatore dell’Inter Antonio Conte, le modifiche della norma possono passare alla storia come il “DecretoConte”. Sulla falsariga di quella che fu la c.d. “LeggeBeckham” introdotta in Spagna nel primo decennio degli anni 2000, il Decreto potrà permettere alle società italiane di trarre notevoli vantaggi a livello fiscale.

Di seguito è riportato un prospetto per valorizzare il reale risparmio:

Decreto Crescita impatto calcio

Considerando un’aliquota pari al 43% del reddito netto percepito da un tesserato, “concorrono alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 30 per cento del loro ammontare” al ricorrere delle di condizioni esplicitate dalla norma.

Partendo da Conte all’Inter, passando per il possibile ritorno di Pogba alla Juve, fino ad arrivare alla suggestione James Rodriguez al Napoli, tanti sono i possibili ambiti di applicazione in cui si cala la riforma della norma già esistente (articolo 16 decreto legislativo 14 settembre 2015 n. 147). Il governo, tramite l’emanazione del Decreto ha reso applicabile al calcio (e ai calciatori) la nuova regolamentazione venendo meno le condizioni secondo cui il soggetto dovesse essere in possesso di un titolo di laurea oltre ad assumere ruoli di tipo direttivo.

Il possibile acquisto della stella colombiana da parte della società di De Laurentiis potrebbe realizzare vantaggi ancor più tangibili, in quanto secondo la nuova direttiva introdotta determina che “la percentuale di cui al comma 1 è ridotta al 10 per cento per i soggetti che trasferiscono la residenza in una delle seguenti regioni: Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sardegna, Sicilia”.

Vantaggi reali che si traducono nella possibilità di attrarre nuovi campioni in Serie A, innescando un circolo virtuoso che porterebbe ad aumentare l’interesse domestico verso la massima seria nazionale sia da parte dei tifosi (ricavi da stadio e merchandising) oltre alla possibilità di attrarre nuovi sponsor.

Per fare chiarezza abbiamo raggiunto l’Avvocato Carlo Rombolà, Docente LUISS e membro della commissione di Diritto Sportivo dell’Ordine degli Avvocati di Roma.

Decreto Crescita impatto calcio
L’avvocato Carlo Rombolà

Avv.to Rombolà, come giudica le modifiche applicate dal decreto? Reali vantaggi e possibili svantaggi?

«La novità di questi giorni riguardo l’innalzamento dell’imponibile tassato dal 30% al 50% fa pensare che la modifica sia un po’ meno conveniente rispetto a quanto originariamente previsto. Tutto sommato, però, l’introduzione di questa normativa determina vantaggi ben precisi. Un regime fiscale agevolato, seppur limitato nella sua applicazione temporale, promette di essere un incentivo molto importante per tutti i Club che intendono investire cifre considerevoli nel breve periodo. Come correttamente si osserva in apertura di articolo, nei primi anni 2000 la Spagna ha costruito buona parte dei suoi successi dopo aver rivisto il sistema di imposizioni fiscali. Più che di svantaggi, parlerei di possibili difficoltà nel manterere appetibile la venuta in Italia dei campioni, una volta che il periodo di sgravi sarà esaurito. In altre parole, bisognerà trovare un equilibrio fra gli incentivi fiscali e le legittime esigenze dell’Erario».

Diventerà legge entro il 29 giugno? Cosa succede altrimenti?

«La data del 29 giugno potrebbe non essere casuale, considerato l’inzio della finesta di calciomercato prevista per il 1 luglio. Il decreto legge è un atto normativo che ha carattere provvisorio, poiché è emesso da un organo che di solito non legifera, ovverosia il Governo. La Costituzione, tuttavia, prevede questa possibilità in casi straordinari, ma subordina l’efficacia di tale atto normativo al provvedimento di conversione da parte del Parlamento, che deve avvenire per l’appunto entro 60 giorni. In assenza di conversione, il D.L. perde efficacia ex tunc, cioè sin dall’inizio».

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A chi spetta la decisione se godere o meno della normativa? Società o calciatore?

«La norma è rivolta a chi deve pagare le tasse, quindi a beneficiarne direttamente saranno i Club, cioè le aziende che intendono assumere chi si trasferisce in Italia, ovverosia i calciatori. Poichè i club saranno sostanzialmente in grado di offrire ingaggi più appetibili a chi viene da fuori e rispetta i requisiti richiesti».

Le sembra una norma che possa effettivamente aiutare la crescita del calcio italiano innescando un circolo virtuoso anche a livello di maggior attrattività del “prodotto calcio”?

«Partendo dalla domanda, dico senz’altro di sì: la norma può aiutare sensibilmente la crescita del nostro calcio, sia dal punto di vista del valore che da quello della competitività. Naturalmente, sono necessari dei passi ulteriori: dal punto di vista politico-fiscale per non perdere l’abbrivio iniziale una volta che la norma cesserà i suoi effetti; per ciò che concerne l’operato dei Club, che dovranno comunque agire con attenzione per difendersi da possibili ipervalutazioni. Detto questo, e considerando quindi la bontà e l’utilità del decreto, non si può pensare che l’introduzione di questa modifica possa rappresentare la panacea per tutti i mali del calcio italiano».

Le previsioni fanno, dunque, pensare che la modifica apportata col decreto emesso dal governo possa rappresentare una spinta forte per la crescita dell’industria del calcio italiano. Errato pensare che sia l’unico intervento necessario, ma c’è fiducia affinchè possa essere un modo per dare una definitiva spinta all’esigenza di riforme utile a riportare l’Italia ai fasti di un tempo. Resta da capire se il decreto verrà, effettivamente, convertito in legge dello stato entro il 29 giugno.

Nel calcio è sempre lecito sognare. Dalla prossima finestra di mercato, forse, lo sarà ancora di più.

Intervista e articolo a cura di @aspirantegiornalista

 

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