Le buone prove della Nazionale di Roberto Mancini, unita all’occasione mondiale per la Femminile, per l’Under 20 e all’attesa per l’Europeo dell’ Under 21, prefigura un anno di riscatto per il calcio azzurro.
Ma fuori dal campo c’è ancora un tassello strategico da mettere a posto per l’ intero movimento calcistico: la riorganizzazione del settore tecnico.
Demetrio Albertini, da gennaio è presidente del settore tecnico Figc e ha accettato di rientrare nei ruoli dirigenziali federali per realizzare la riforma di un ambito spesso considerato di pura rappresentanza.
Albertini ha un mandato di 2 anni e un primo obiettivo: il varo a settembre del corso specifico per laureare a Coverciano le nuove figure del responsabile e dell’allenatore di settore giovanile.
«Considero necessario questo tipo di competenza specifica, che oggi in Italia non esiste», ha spiegato Albertini a Repubblica.
«A capo dei settori giovanili dei club», ha osservato l’ex centrocampista del Milan e della Nazionale, «ci sono allenatori o ds, non un responsabile in senso stretto. Invece è indispensabile. La formazione delle figure tecniche specifiche è tra i compiti essenziali di una federazione, che ha anche un ruolo educativo di trasmissione di valori e si occupa del vertice e della base. Per arrivare a fare il professionista, non basta il talento. Servono valori che si possono inculcare in un ragazzo nella fase della sua crescita sportiva e umana, in famiglia, a scuola, sul campo. E il centro di Coverciano deve essere un’eccellenza, un punto di riferimento della formazione».
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Il corso formerà i responsabili dei settori giovanili. Ma il nodo è anche il patentino ad hoc per gli allenatori delle giovanili: «Perché non è la stessa cosa allenare un ragazzo e un adulto e nemmeno un ragazzo di 10 anni o uno di 14. È il mio grande cruccio: servono allenatori dedicati».
L’ altro chiodo fisso di Albertini è l’integrazione tra Coverciano e le migliori università: «Gli atenei che si occupano di sport, in Italia, non sono pochi. Un’ eccellenza deve sempre aprirsi alle altre eccellenze, secondo il principio delle quattro C: conoscere, confrontarsi, condividere e credere in ciò che si fa. Alla battaglia per le seconde squadre, ad esempio, io continuo a credere come esigenza fondamentale per la crescita del calcio italiano».