Perché la Juventus sale in borsa – Che cosa c’è dietro il rally del titolo Juventus in borsa? Per quale ragione le azioni del club bianconero, che fino allo scorso giugno viaggiavano attorno a quota 0,6 euro, sono arrivate a valere fino a 1,813 euro (il massimo storico toccato nel corso della seduta di giovedì 20 settembre)?
Come già evidenziato su Calcio e Finanza i fondamentali di bilancio non aiutano a spiegare l’exploit del titolo Juventus a Piazza Affari. I conti al 30 giugno 2018 si sono chiusi con un rosso di 19 milioni (42 milioni di utile nel 2016-2017) a fronte di ricavi caratteristici (al netto delle plusvalenze) di 402 milioni (411 milioni nel 2016-2017) e anche l’esercizio in corso, salvo eventi attualmente non previsti, dovrebbe chiudersi in perdita.
Non solo il bilancio 2017-2018 ha visto l’indebitamento finanziario netto della società presieduta da Andrea Agnelli aumentare in modo consistente, passato dai 162 milioni del 30 giugno 2017 ai 309 milioni del 30 giugno 2018.
Perché la Juventus sale in borsa – Una diversa percezione da parte del mercato
Per quale ragione dunque la borsa continua a premiare le azioni Juventus?
Nei giorni scorsi all’interno della rubrica che Calcio e Finanza cura su Il Foglio Sportivo, Emanuele Grasso, partner di PwC, ha provato a dare una spiegazione.
“La ragione non va cercata nei fondamentali di bilancio”, ha spiegato Grasso, “piuttosto in un aumento del brand value, legato a una diversa percezione del club da parte dei mercati”.
La ragione del rally bianconero andrebbe dunque cercata – come osservato dall’esperto di Pwc – nel diverso atteggiamento degli investitori verso il titolo bianconero, che viene ora valutato con gli stessi multipli delle big di Premier League.
Perché la Juventus sale in borsa – Bianconeri valutati con gli stessi multipli dei club della Premier
Il Manchester United, quotato a Wall Street, ha una capitalizzazione di 4,16 miliardi di dollari (circa 3,5 miliardi di euro), pari a circa 5 volte i propri ricavi.
Un multiplo analogo a quello utilizzato da Stan Kroenke, azionista di maggioranza dell’Arsenal, per valutare 2 miliardi di euro il 100% del club londinese nell’opa lanciata sul restante 30% in gran parte detenuto da Alisher Usmanov. Ma in linea anche con le valutazioni attribuite recentemente a Liverpool e Chelsea
Nelle ultime settimane la proprietà americana dei Reds ha respinto un’offerta da circa 2,2 miliardi di euro di un cugino dello sceicco Mansour (il proprietario del City), mentre Abramovich avrebbe messo in vendita i Blues per una cifra simile.
E a giudicare dalla capitalizzazione raggiunta dalla Juventus (circa 1,7 miliardi al 21 settembre 20178) in seguito al rally estivo del titolo, sembra che la borsa abbia iniziato a valutare la società bianconera con gli stessi multipli delle società della Premier League.
Perché la Juventus sale in borsa – Questione di brand identity
Tale risultato “borsistico” sembrerebbe essere dunque legato alla strategia di arricchimento della propria brand identity[1] da parte della Juventus, iniziata con la costruzione dello stadio di proprietà – parte integrante dell’immagine societaria oltre che teatro delle sue partite – e proseguita con il restyling del suo storico stemma in favore di un logo più semplice, dinamico e duttile (una “J” stilizzata, rappresentata da due linee parallele a spesso tratto e fondo pieno), più suscettibile di veicolare il proprio “modo di essere ed esistere” verso nuovi target, più o meno vicini al mondo dello sport.
A ciò si è affiancata un’intensa strategia di brand extension[2], con l’obiettivo di esportare il marchio Juventus oltre i confini geografici e merceologici di riferimento.
Così, il percorso d’implementazione del brand Juventus è passato anche per una diversificazione delle attività economiche che ruotano intorno al core business tradizionale, ossia l’attività sportiva: in questa direzione sono mosse le iniziative per l’allestimento del J-Museum, del J-Medical, del futuro J-Village, tutte attività connesse all’attività sportiva che consentono di esportare in più settori il marchio “J”, diversificandone, di conseguenza, anche i ricavi.
Le tournée estive in America, Asia, Australia hanno contribuito ad esportare il marchio all’estero e finanche la stessa attività sportiva non s’è più limitata al gioco del calcio, ma è stata ampliata sino ad abbracciare dapprima il calcio femminile con la Juventus Woman, e poi addirittura la Pallacanestro con la presentazione ufficiale della canotta da basket della Juventus[3], inglobando nel mondo Juve tutto il bacino d’utenza che ne consegue.
Il tutto in un’ottica di commercializzazione globale del marchio Juventus, che vada oltre il mondo non solo del calcio, ma dello sport in generale, ambendo a diventare, per esempio, punto di riferimento anche per l’abbigliamento “da strada”, con un merchandising che non si limiti agli articoli da gara o da allenamento[4].
Quanto spiegato, ha suggellato, di fatto, il definitivo abbandono della percezione, da parte dei mercati, della Juventus come società di calcio vecchio stile – che vive solo di domenica ed esclusivamente per la domenica – in favore di una visione della società come un’azienda trasversale, che punta al coinvolgimento di un bacino d’utenza infinite volte superiore a quello costituito dal solo tifoso o del mero appassionato calcistico, che comprenda gli interessi più diversi, dalle più parti del mondo più disparate.
E se a ciò s’aggiunga l’arrivo di un giocatore anch’esso “azienda”[5], come Cristiano Ronaldo, s’intuisce facilmente quale sia stata l’equazione che ha fatto schizzare alle stelle il titolo bianconero.
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[1] Rafforzamento dell’identità di un marchio societario nelle categorie geografiche e merceologiche di pertinenza.
[2] L’estensione del potere attrattivo di un marchio societario oltre i mercati geografici e merceologici in cui si sono affermati originariamente. Nel caso della Juventus, il mercato di riferimento è quello italiano ed europeo relativo e connesso all’attività calcistica.
[3] Dopo aver lanciato sugli store la vendita della canottiera ufficiale, non è escluso che a breve la Juventus sbarchi anche sul parquet, grazie ad un plausibile sodalizio con la Auxilium Pallacanestro Torino, non a caso nota anche come FIAT Torino per ragioni di sponsorizzazione.
[4] Sulla scia – per intenderci – di quanto operato dalla squadra di baseball New York Yankees con il suo ormai iconico marchio (una N e una Y sovrapposte)
[5] Cristiano Ronaldo ha contribuito a portare a Torino – a prescindere da valutazioni tecniche sul valore del giocatore – il seguito di un marchio, quello CR7, anch’esso affermatosi globalmente ed anche oltre il confine calcistico: Recentemente il marchio si è espanso, andando a coprire anche una catena di fitness clubs sotto la denominazione di CR7 Crunch Fitness, e servizi di ristorazione, con l’apertura del Pestana Cr7 Hotel a Madeira, in partnership con il gruppo Pestana.