Silva (Miami FC): ricorso al TAS per promozioni e retrocessioni nel calcio USA

Riccardo Silva, presidente del Miami FC, società fondata due anni fa insieme a Paolo Maldini, ha presentato ricorso al TAS per chiedere promozioni e retrocessioni nel calcio USA.

Il presidente del…

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Riccardo Silva, presidente del Miami FC, società fondata due anni fa insieme a Paolo Maldini, ha presentato ricorso al TAS per chiedere promozioni e retrocessioni nel calcio USA.

Il presidente del club ha le idee chiare. Dopo aver ceduto la maggioranza della sua MP & Silva ai cinesi sta puntando forte sul calcio nordamericano in cui intravede grandi potenzialità.

In una intervista odierna a Il Messaggero spiega il suo obiettivo. «Ho solo chiesto al Tas di far rispettare anche negli States le regole Fifa che valgono nel resto del mondo. D’altronde appare assurdo che proprio l’America, il Paese delle grandi opportunità, non voglia la vera competizione nel calcio. Tutti i sondaggi dicono che i tifosi vorrebbero il cambiamento».

Il riferimento è ad una ricerca – ripresa da calcioefinanza.it – commissionata a Deloitte che aveva evidenziato tutti i vantaggi che avrebbe portato il modello europeo nel calcio statunitense, tra cui l’apprezzamento del pubblico.

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Attualmente, va ricordato, per partecipare alla MLS ed acquistare una franchigia, bisogna investire oltre 100 milioni di dollari.

E’ praticamente impossibile crescere dall’interno. Ecco perchè l’ America è a un bivio. Adattare i suoi campionati di calcio alle regole del resto del mondo o – come spiega Silva nell’intervista a Il Messaggero – uscire dalla Fifa.

«Credo che Infantino e Boban non si lasceranno sfuggire questa occasione per uniformare l’America al resto del mondo. Ci saranno promozioni e retrocessioni anche qui e da quel momento il calcio esploderà. Se così non dovesse essere, sarebbe la fine del calcio. Non credo che la Fifa voglia questo».

l Miami di Riccardo Silva milita nella serie B americana, gioca in uno stadio che porta il suo nome e quest’anno ha vinto la Spring season, ovvero la prima parte del campionato NASL che promuove direttamente ai playoff di inizio dicembre.

Ma negli Stati Uniti, a differenza del resto del mondo e in barba alle regole Fifa, chi vince la serie B non viene promosso in serie A.

E chi arriva negli ultimi posti del campionato non retrocede nella serie inferiore. Insomma ai campionati ci si iscrive pagando e basta.

Riccardo Silva si è rivolto al Tas, il tribunale di arbitrato sportivo. Perché ha deciso di presentare questo appello? «Perché credo che il merito sportivo sia l’essenza del calcio. Credo che la struttura piramidale delle tante piccole società che aspirano a crescere e a salire di livello sia una spinta fondamentale».

Silva, insomma, ha le idee chiare: «Qui il calcio ha grandissime potenzialità. E’ solo questione di tempo. Ma penso che basti una generazione, circa 20 anni, e l’America può diventare una delle prime sette nazioni leader del calcio».

Una battaglia, peraltro, che Silva condivide con Rocco Commisso, presidente da quest’anno dei NY Cosmos, anche lui italiano immigrato (anche se molto prima di Silva), recentemente intervistato per il sito inglese di calcioefinanza.it

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Sempre nell’intervista a Il Messaggero Silva – che considera Marotta miglior dirigente europeo di calcio – spiega di non aver mai contattato Francesco Totti per giocare a Miami, dove già lavora Alessandro Nesta come allenatore, mentre Mauro Pederzoli è direttore sportivo.

Mentre sulle proprietà cinesi spiega: «È il segno dei tempi. Credo che se dieci anni fa ci avessero detto che Milan e Inter sarebbero passati dalle mani di Berlusconi e Moratti ai cinesi nessuno ci avrebbe creduto. E invece eccoci qui. Ma anche io ho venduto la maggioranza della miaMP&Silva ai cinesi».

Infine, da esperto di diritti tv offre il suo punto di vista sul valore del campionato italiano rispetto a Premier e Liga: «Prima di tutto è una questione di lingua. L’inglese e lo spagnolo sono molto più diffuse. E poi i diritti italiani non vanno male, le società incassano poco dalla vendita dei biglietti e dagli sponsor, che vanno dove ci sono campioni. E ora Messi, Cristiano Ronaldo, Neymar, Ibrahimovic non giocano in Italia».