RedBull è ormai un fenomeno giovanile globale, ma le lattine sono consumate da giovani di tutte le età. Il suo creatore Dietrich Mateschitz recentemente coinvolto anche nel mondo del calcio con il Lipsia (e prima con le varie squadre a New York, Salisburgo e in Brasile) è pronto alla nuova sfida: dopo il calcio la politica.
Ne parla oggi Economia del Corriere della sera che dedica a Mateschitz – austriaco, 73 anni, ricchissimo, proprietario al 49% e guida assolutista del gruppo Red Bull – un profilo a 360 gradi.
Nel 2009 l’austriaco ha comprato la squadra di una cittadina a dieci chilometri da Lipsia, Markranstädt, che militava in quinta divisione, le ha cambiato nome introducendo la Rb, che ovviamente ricorda Red Bull ma formalmente significa RasenballSport (sport di palla sul prato), e soprattutto l’ha portata su perle leghe fino alla prima Bundesliga, dove nel campionato finito quest’anno è arrivata seconda.
Recentemente ha fatto parlare il caso Champions League, con le sue due squadre (Salisburgo e Lipsia) chiamate a risolvere una controversia: giocheranno la stessa competizione pur essendo di fatto sotto la guida della stessa proprietà, cosa espressamente proibita dall’Uefa.
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Una favola per i tifosi di Lipsia, città dell’Est tedesco che dalla caduta del Muro di Berlino non aveva più vissuto emozioni con il pallone. Ma un fenomeno da disprezzare per la maggior partedegli altri tifosi tedeschi.
Durante una partita della Dfb Pokal Cup, nell’agosto dell’anno scorso a Lipsia, nella Red Bull Arena, alcuni tifosi della Dynamo Dresden hanno lanciato una testa di toro mozzata ai bordi del campo, in segno di disgusto per il simbolo dei Rb, appunto un toro, mentre sugli spalti altri fan mostravano lo striscione «La tradizione non si può comprare».
La tradizione a cui si riferivano, e che è sventolata dalla maggior parte dei club tedeschi, sta nel fatto che le squadre di calcio in Germania sono controllate (regola del 50%+1) dai tifosi, per evitarne — si dice — un’eccessiva commercializzazione. La regola morale è che un club gioca a calcio e su questa base guadagna.
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Ora, Mateschitz – ammiratore di Donald Trump o perlomeno delle sue posizioni politiche – pare volersi occupare di politica. Il suo progetto consiste nel lancio di una piattaforma d’informazione chiamata Näher an die Wahrheit (Più vicino alla verità) che, assicura, sarà indipendente sia da Red Bull che dalla rete televisiva che possiede, Servus Tv.
Controllata dalla sua fondazione, QuoVadisVeritas, la piattaforma dovrebbe essere soprattutto una voce critica contro la politica di accoglienza degli immigrati in Europa, una spina nel fianco delle politiche di Angela Merkel. E appoggerà Sebastian Kurz, il trentenne ministro degli Esteri austriaco che è da pochissimo diventato il leader del partito popolare a Vienna e punta a essere eletto cancelliere alle prossime elezioni austriache, il 15 ottobre.
Anche qui, rottura delle posizioni mainstream. L’idea e il business Mateschitz lanciò la bevanda energizzante Red Bull negli Anni Ottanta del secolo scorso. Al tempo lavorava per il produttore di dentifricio Blendax come direttore del marketing internazionale. Ogni volta che gli capitava di essere a Bangkok, mentre andava in aeroporto fermava il taxi per comprare una bottiglia di Krating Daeng, uno sciroppo che, «una volta che ne bevevo un bicchiere, il jet-lag spariva», racconta.
Assieme ai proprietari della formula della bevanda, la famiglia thailandese Yoovidhya, nel 1984 costituì una società per commercializzare il prodotto (modificato) in Europa e tra il 1987 e il 1988 le vendite iniziarono.
Oggi Red Bull è il primo gruppo mondiale di bevande energizzanti, nel 2016 ha venduto seimiliardi di lattine per unfatturato di sei miliardi di euro. E, secondo il Bloomberg Billionaires Index, Mateschitz ha un patrimonio di 13,2 miliardi di dollari, novantunesima persona più ricca del mondo.
Pubblica riviste e libri, possiede ville e castelli, un circuito da F1, aerei che pilota lui stesso e l’isola di Laucala, nelle Fiji, che ha comprato dalla famiglia Forbes.
La chiave del successo, prima ancora che nella qualità del prodotto, sta nel marketing costruito attorno alla partecipazione diretta a grandi eventi sportivi, alla creazione di party destinati ai giovani, all’invenzione di un simbolo di life-style, al sostegno di «imprese impossibili» come il salto supersonico dalla stratosfera di Felix Baumgartner nel 2012.
Ma – dice chi lavora alla Red Bull – sta anche, forse soprattutto, nella personalità e nel carattere di Mateschitz. Imprenditore che ha capito meglio di altri come si fa business al giorno d’oggi ma che conserva le caratteristiche dei padroni di una volta: guida il gruppo come se fosse un feudo, rifiuta la presenza dei sindacati, è di fatto un uomo solo al comando. Anticonformista a 360 gradi