Il punto più controverso dell’impianto economico – finanziario che regola il gioco del calcio è legato al valore delle prestazioni dei giocatori non solo dal punto di vista salariale ma anche sul piano patrimoniale.
Stiamo parlando, per chiarezza massima, del valore dei cartellini che ormai senza soluzione di continuità dominano il dibattito calcistico legato al calciomercato.
Sul tema numerosi sono i risvolti più o meno chiari:
- le plusvalenze che si generano sulle compravendite e rappresentano spesso gran parte degli incassi stagionali di un club
- le comproprietà di uno o più club o di terze parti (bandite dalla Fifa dal maggio 2015)
- le valutazioni di mercato, sempre in crescita e legate ormai a dinamiche per lo più extratecniche.
Sarebbe meglio abolire il valore dei cartellini?
Nello sport USA è così. Il giocatore libero professionista è legato ad un contratto con una società che può scambiare il giocatore stesso oppure tagliarlo a fine stagione quando non entra più nei piani. E tutto è normale.
In Europa invece di volta in volta si assiste a teleromanzi degni delle migliori soap quando un giocatore non viene rinnovato a scadenza oppure quando questi decide legittimamente di andare a scadenza ed andarsene a parametro zero.
In altre parole ci chiediamo: cosa sarebbe il calcio se i parametri di valutazione fossero tutti pari a zero?
In materia di redazione del bilancio d’esercizio, le squadre di calcio professionistiche sono sottoposte ad un trattamento che differisce da quello imposto dal Codice Civile, infatti i principi secondo i quali le società debbano redigere il proprio bilancio d’esercizio sono rappresentate in Italia dalle NOIF, ovvero le Norme Organizzative Interne della Federazione.
Attualmente nelle operazioni di compravendita dei giocatori, l’acquisto di un giocatore viene iscritto all’interno delle attività patrimoniali, costituendo di conseguenza nel passivo dello stato patrimoniale il relativo fondo ammortamento, calcolato come la frazione di costo sostenuta dalla società spalmata sugli anni di contratto del giocatore stesso.
Nel contesto europeo, le modalità di iscrizione in materia di bilancio sono pressoché simili, in quanto ogni società è considerata come la titolare dei diritti pluriennali delle prestazioni dei calciatori posseduti, quindi sono delle vere e proprie attività patrimoniali.
L’Unione Europea però, con il regolamento n.1606 del 2002, col fine di uniformare i criteri di valutazione delle voci di bilancio dei diversi Paesi europei, ha introdotto i principi contabili internazionali, meglio noti come IAS/IFRS.
Secondo tali principi, il metodo di valutazione delle attività patrimoniali non è più basato sul costo storico d’acquisto, come avviene invece secondo la dottrina civilistica, ma sul cosiddetto Fair Value, il valore equo. Tali principi vengono svolti da quelle società che vedono le proprie azioni quotate in borsa, quindi, nel campionato italiano sono obbligate a seguire tali principi Juventus, Lazio e Roma.
Dopo queste prime considerazioni introduttive, è bene focalizzarci e riflettere su quanto queste norme siano coerenti col sistema calcistico contemporaneo.
Sia dal punto di vista dei principi contabili nazionali che internazionali, far figurare un calciatore come un’attività patrimoniale porta, di conseguenza, ad un relativo aumento del reddito d’esercizio della società stessa.
Andando ad analizzare tutte le operazioni di mercato, la gran parte delle società, basano la propria politica di compravendita sulla realizzazione di plusvalenze col fine di poter sopravvivere e con l’obiettivo, da parte della squadra acquirente, di poter iscrivere il giocatore appena acquistato all’interno delle proprie attività patrimoniali.
Il sistema si esaurirebbe non più considerando i giocatori come dei dipendenti, ma come liberi professionisti. Libero professionista è colui che svolge un’attività economica (svolgimento dell’attività sportiva) a favore di terzi (società calcistiche) volta alla prestazione di servizi mediante un lavoro intellettuale, dietro corrispondenza di una retribuzione economica (ingaggio).
Il passaggio da lavoratore dipendente a libero professionista porta di conseguenza ad un mutamento del lavoro offerto, cioè si passerebbe da lavoro subordinato a lavoro autonomo, il che rispecchia pienamente quello che accade nel mondo contemporaneo.
Parlando sempre di conseguenze, quello che cambierebbe in materia di bilancio d’esercizio sarebbe che i giocatori non verrebbero più considerati come un’attività patrimoniale e il loro costo d’acquisto sia considerato come un vero e proprio componente negativo di reddito, compreso l’ingaggio pagato a quest’ultimo; considerando quindi l’acquisto di un giocatore come un effettivo costo da collocarsi all’interno del Conto Economico della società, si impedirebbe a queste ultime di gonfiare il proprio attivo patrimoniale col fine di aumentare il proprio reddito d’esercizio e si limiterebbero le mastodontiche “campagne acquisti” di quelle società cui fanno capo quei presidenti dalle tasche pronfonde.