Milan, Bankitalia verificherà la lecita provenienza dei capitali di Yonghong Li

Toccherà all’Unità d’informazione finanziaria della Banca d’Italia verificare la «lecita provenienza di fondi» utilizzati dall’uomo d’affari cinese Yonghong Li per acquistare il Milan. Secondo quanto riferito da Repubblica i documenti che attesterebbero…

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Toccherà all’Unità d’informazione finanziaria della Banca d’Italia verificare la «lecita provenienza di fondi» utilizzati dall’uomo d’affari cinese Yonghong Li per acquistare il Milan. Secondo quanto riferito da Repubblica i documenti che attesterebbero la correttezza dell’operazione, depositati poco più di una settimana fa alla procura di Milano dall’avvocato di Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini, sono arrivati negli uffici di Bankitalia che provvederà ora a verificare che i fondi utilizzati provengono da canali leciti.

I documenti depositati da Ghedini riguarderebbero le due tranche da 100 milioni l’una, che Yonghong Li ha versato come caparra. Se verificata la correttezza, non ci dovrebbero essere più dubbi sull’operazione. In caso contrario, scrive Repubblica, il lavoro ispettivo verrebbe mandato ai magistrati per l’apertura di un’inchiesta.

Sul fronte societario, ora la palla passa a mister Yonghong Li: l’uomo d’affari deve dimostrare che Berlusconi non mentiva quando ha assicurato ai tifosi di lasciare il Milan in buone mani.

Dovesse fallire, il vero crollo d’immagine sarebbe per l’ex premier, che lo ha accreditato come l’acquirente più credibile in grado di aderire alla richiesta fuori mercato (520 milioni, più 220 di debiti con le banche) e che gli ha dato maggiore fiducia rispetto a Suning: il colosso cinese dell’elettronica avrebbe investito sul Milan, ma ha poi virato sull’Inter che costava meno.

Yonghong Li dovrà agire in fretta. Ci sono almeno due ragioni per pensare che abbia tutto l’interesse a farlo:

  1. Il ricorso last minute al fondo Usa Elliott (che in tutto presta 303 milioni) costerà a Li tra interessi (parte all’11,5%, parte al 7,7%) e commissioni tra i 50 e i 60 milioni. Il bond del fondo Elliott – scrive il Corriere della Sera – sarà emesso per contratto entro 45 giorni dal closing (entro il 30 maggio 2017) e avrà durata 18 mesi. Al termine dei quali Yonghong Li dovrà restituire i 303 milioni: o cercherà nuovi soci oppure nuovi finanziamenti più a lungo termine. Elliott, a garanzia, avrà in pegno le azioni dello stesso Milan.
  2. Incombe la scadenza tecnica con l’Uefa: il Milan deve presentare entro dopodomani il piano di autocertificazione sul fair play finanziario per potere partecipare all’Europa League in caso di qualificazione, e l’ente di governo del calcio continentale non è solito concedere rinvii oltre le due settimane. Barbara Berlusconi e Umberto Gandini (oggi amministratore delegato della Roma) ci avevano lavorato negli anni scorsi, Galliani ha scritto una lettera un mese fa, Fassone è intenzionato a proseguire su questa strada: l’idea è quella di usare lo strumento del «voluntary agreement».

Poi c’è il capitolo che più sta a cuore ai tifosi: rafforzare la squadra. Attingere ai capitali raccolti in Cina, secondo la versione avallata dalle fonti vicine a Yonghong Li e che sarebbero bloccati dalle restrizioni governative sugli investimenti all’estero, è fondamentale. Altrimenti sarà Elliot a prendersi la società, portando allo scoperto la natura speculativa dell’operazione e sconfessando Berlusconi. Che pressa per il rinnovo a Donnarumma: sarebbe il migliore biglietto per il nuovo Milan, ma anche per chi l’ha venduto.