Troppi calciatori: in Italia 1 professionista su 5 non ha squadra

Una inchiesta de La Gazzetta dello sport fa luce questa mattina sul numero di calciatori disoccupati in Italia. Un censimento che – come scrive Carlo Laudisa nel suo editoriale -…

Pallone Calcio (Insidefoto)

Una inchiesta de La Gazzetta dello sport fa luce questa mattina sul numero di calciatori disoccupati in Italia. Un censimento che – come scrive Carlo Laudisa nel suo editoriale – non lascia dubbi: il 22,41% dei calciatori professionisti in Italia è senza posto di lavoro in questo momento.

Tra Serie A, B e Lega Pro le norme danno spazio a 2.360 tesserati: solo 25 per ogni club di A, 19 in B (esclusi gli under 21) e 24 in Lega Pro. Gli altri sono in un limbo: 138 hanno un contratto, ma non possono giocare. Quindi sono in esubero.

Mentre ben 391 sono i veri e propri disoccupati. La meticolosa indagine della Gazzetta dello sport mette a fuoco un fenomeno con tante sfaccettature.

Ma del resto è giusto evidenziarlo, in una situazione come la attuale pare quasi scorretto parlare di “calciatore professionista” o di “calciatore professionista disoccupato”. Come tutte le categorie lavorative se ci si ritrova senza lavoro e si ha necessità di un reddito si dovrà cercare un adeguato ricollocamento, spesso a prescindere dalle proprie ambizioni.

 

A due settimane dalla fine del mercato in A ci sono 41 casi aperti, anticamera di separazioni anche traumatiche.

Definiamoli «esuberanti»: qualcuno di loro (Maksimovic e Diawara) si è pure dileguato, in rotta con il club. Ciascuno fa il suo interesse e il calcio professionistico non sfugge alle critiche.

Nel mondo del lavoro purtroppo chi resta senza posto passa guai ben più gravi.

L’esercito degli svincolati proviene in prevalenza dalla Lega Pro (344). Nelle 3 categorie la percentuale tocca il 16,56%. Basti pensare che l’ultimo rapporto Istat indica un tasso di disoccupazione in Italia dell’11,6%. Più si scende di categoria (evidentemente) e meno si guadagna.

In una simile situazione è naturale cercare soluzioni fuori dai nostri confini. C’è chi riesce a strappare ricchi contratti all’estero, magari nella lontana Cina. Ma non è un’opzione alla portata di tutti. Un tempo i nostri calciatori non emigravano per pigrizia. Ora magari sono più coraggiosi, ma resta il problema della qualità.