Vivendi e Mediaset tornano a trattare: ma nessuno vuole il controllo di Premium

Dopo la rottura sul dossier Premium, la minaccia di passare alle vie legali, le interviste al veleno, con il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, che ha paragonato Mediaset Premium a…

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Dopo la rottura sul dossier Premium, la minaccia di passare alle vie legali, le interviste al veleno, con il ceo di Vivendi, Arnaud de Puyfontaine, che ha paragonato Mediaset Premium a un’utilitaria e il presidente di Fininvest, Marina Berlusconi, che ha definito “rapace” il modo di fare affari di Vincent Bollorè, il gruppo francese e quello italiano starebbero per sedersi nuovamente al tavolo per ridefinire l’alleanza strategica e il futuro della pay-tv.

Secondo quanto riporta Repubblica, i rappresentanti di Vivendi e Mediaset torneranno a sedersi intorno a un tavolo a Milano per verificare se ci sono spazi per la rappacificazione. Un primo sforzo pare sia stato già fatto e riguarda l’ingresso di Vivendi nell’azionariato di Mediaset, inizialmente previsto al 3,5%.

Nella nuova proposta dei francesi, rivelata dal quotidiano del gruppo Espresso, Vivendi potrebbe salire dal 3,5% al 7% dopo i primi diciotto mesi sulla base del fatto che la quota reciproca di Mediaset in Vivendi, inizialmente al 3,5%, raddoppierà i diritti di voto come previsto dalla legge francese.

Fissato questo punto ora si apre una nuova trattativa per il piano sottostante, cioè il controllo di Mediaset Premium che nel contratto vincolante di aprile scorso spettava al 100% ai francesi per un valore di circa 650 milioni.

Il problema è che in questo momento né Mediaset né Vivendi vorrebbero consolidare Premium nel proprio bilancio con il suo fardello di perdite già previste. Per questo si sta pensando a una soluzione fifty-fifty, una sorta di co-controllo che permetterebbe a entrambi di non consolidare.

mediaset premium primo trimestre 2016

E’ proprio sul futuro della pay-tv che si concentreranno gli incontri di oggi e quelli a venire per arrivare a una soluzione che soddisfi entrambe le parti. Perché se è vero che il contratto firmato ad aprile è vincolante e senza clausole che prevedano l’uscita è anche vero che una causa legale richiederebbe anni per arrivare a sentenza e nel frattempo il fardello di Premium ricadrebbe tutto sui conti Mediaset visto che non ci sono compratori alternativi all’orizzonte.

Vivendi Mediaset, le ragioni del passo indietro dei francesi

La situazione ha cominciato a precipitare giovedì 21 luglio quando Pier Silvio Berlusconi e Marco Giordani sono volati a Parigi per incontrare Vincent Bolloré, de Puyfontaine e Tarak Ben Ammar.

In quell’occasione Bolloré ha manifestato l’intenzione di non volersi assumere per intero il controllo di Premium per non consolidarla nei conti Vivendi. Il finanziere bretone negli ultimi due mesi ha visto i valori delle partecipate di Vivendi deteriorarsi: in Telecom la perdita potenziale è di circa 1,5 miliardi, in Canal Plus il rosso è ancora sui 400 milioni, ma anche la partita dei giochi con l’operazione Ubisoft è in perdita.

E nel bilancio 2016, se le cose non migliorano, Vivendi potrebbe essere costretta a registrare minusvalenze che potrebbero essere cavalcate dai fondi attivisti presenti nel capitale.

Di qui il passo indietro che però è stato preso male fin da subito dai vertici di Mediaset che già venerdì 22 hanno fatto arrivare a Vivendi una lettera dallo studio Chiomenti che intimava al rispetto del contratto. Il lunedì 25 il patatrac ad opera di de Puyfontaine, che con una missiva ufficiale proponeva un nuovo accordo in cui Vivendi sarebbe salita al 15% di Mediaset.