«Per la prima volta l’attività prevalente di Sisal non sarà più quella dei giochi e delle scommesse ma i servizi di pagamento, che a fine anno supereranno il 50% dei ricavi lordi». Lo ha dichiarato l’amministratore delegato, Emilio Petrone a La Stampa.
Una rivoluzione silenziosa che potrebbe portare anche ad un addio rumoroso, quello del Totocalcio. “È un gioco storico a cui siamo affezionati, ma se considerassimo solo i volumi andrebbe chiuso. Da che il calcio da rito domenicale s’è trasformato in un evento continuo, la schedina, vincolata a un palinsesto, ha ceduto il passo alle scommesse. Oggi varrà sì e no lo 0,5% dei ricavi. Invece un altro gioco storico come il Superenalotto è ancora un gioco molto importante. Che presto rilanceremo”.
Una svolta strategica in un 2015 definito dalo stesso Petrone «oggettivamente un anno difficile», a partire dale imposizioni fiscali. «La tassazione sugli apparecchi da intrattenimento l’anno passato è stata innalzata e quest’anno, nella Legge di Stabilità, è previsto un ulteriore ritocco al rialzo. Due aumenti in due anni, rispetto a quelle che erano le concessioni concordate e firmate, creano incertezza. Siamo un’azienda italiana, ma dobbiamo convincere i nostri azionisti internazionali che l’Italia sia ancora un’opportunità migliore rispetto ad altri Paesi».
Come affrontate la situazione? «Con l’innovazione e la diversificazione. Nel settore del gioco sta andando bene la parte digitale, dove abbiamo lanciato diverse novità nelle scommesse online, anche da smartphone. Si è rivelata vincente anche l’apertura di punti vendita a gestione diretta».
Poi c’è l’altra metà del business. «Dal 2008, anno in cui sono arrivato in azienda, abbiamo aperto ai servizi di pagamento per bollette, bolli auto, telefonini e così via. L’idea è piaciuta ai consumatori che oltre ai centri gestiti da noi, possono contare sui bar e sulle ricevitorie».
Un sistema più capillare rispetto alle Poste che vantano 12 mila punti contro i 40 mila di Sisal dove nel 2015 la quota dei servizi è destinata a superare il 50% del turnover.
«Quello dei pagamenti è un mercato gigantesco da 100 miliardi di euro – aggiunge l’amministratore delegato – di cui noi ne gestiamo poco più di 8. C’è oltre il 90% del mercato che possiamo conquistare, in un contesto in cui le banche stanno diminuendo sempre più gli sportelli sul territorio».
Avete intenzione di trasformarvi in una banca vera e propria? «Abbiamo già la licenza bancaria di primo livello, come istituto di pagamento. Siamo regolati anche dalla Banca d’Italia». In futuro svilupperete altri servizi bancari, oltre ai pagamenti? «È una possibilità, ma non abbiamo ancora preso alcuna decisione in tal senso».
Sisal un anno fa ha mancato per un soffio l’appuntamento con la Borsa: è ancora un’opzione? «È una valutazione che spetta ai nostri azionisti, più che al management».
Si è parlato anche di contatti con Lottomatica per un’eventuale fusione. Conferma? «Preferisco non commentare». Insomma: parteciperete al consolidamento del settore? «Questo di sicuro. Negli ultimi anni abbiamo fatto 9 acquisizioni, in un mercato molto polverizzato. Il nostro settore si consoliderà, penso sia necessario: ci sono troppi operatori, spesso troppo piccoli. Noi continuiamo a valutare le opportunità che via via si presentano».
Sisal quest’anno torna in utile? «Ancora non lo sappiamo. Negli ultimi mesi le scommesse sportive hanno dato margini meno positivi dei mesi precedenti. Vedremo. Puntiamo comunque a chiudere l’anno con un giro d’affari vicino a 15 miliardi». Gli scarsi successi del calcio italiano stanno condizionando le scommesse? «No, casomai l’ambito è diventato più globale. Le possibilità di gioco, grazie al digitale, si sono moltiplicate».