Dopo 34 anni, la Philips non sarà più jersey sponsor del Psv

Là dove c’era una fabbrica di lampadine, ora c’è un museo. La squadra di calcio fondata da alcuni suoi operai, quella c’è ancora. Ha appena vinto il campionato, dopo un…

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Là dove c’era una fabbrica di lampadine, ora c’è un museo. La squadra di calcio fondata da alcuni suoi operai, quella c’è ancora. Ha appena vinto il campionato, dopo un attesa che durava dal 2008. Dopo 34 anni, invece, lo sponsor sulla maglia non ci sarà più, dal prossimo anno. Inutile dire che lo sponsor ha il nome di quella fabbrica, la Philips. E che quella squadra è il Psv.

Raccontare la storia di una sponsorizzazione, a volte, significa raccontare la storia di una squadra, di un’azienda simbolo. Quello tra la Philips e il Psv è un rapporto nato nel 1982, ovvero nell’anno in cui anche l’Olanda decise di adeguarsi al calcio moderno di quel periodo, dicendo sì agli sponsor sulle maglie da calcio. Stavolta era il pallone arancione, quello dell’Arancia Meccanica che aveva insegnato all’Europa il calcio totale, a seguire il resto del movimento continentale.

 

Nell’estate del Mundial spagnolo, ad Eihndoven, fu quasi naturale per la squadra locale legare il proprio nome alla Philips. Nell’agosto del 1913, per festeggiare il centenario dell’indipendenza olandese dalla Francia, l’azienda aveva deciso di creare una squadra per i propri impiegati, chiamandola Philips Sport Vereniging. Per tutti, ben presto, diventa il Psv. Ovvero, una delle squadre più vincenti d’Olanda. Ma per i tifosi avversari, quelli del Psv restano sempre Boeren, contadini, per la propria origine provinciale rispetto alle due grandi del Paese: la capitale Amsterdam e Rotterdam, che con il suo porto ha nel proprio tessuto una vocazione aperta al mondo.

Da contadini a campioni d’Europa

Con Ajax e Feyenoord vittoriose in Europa, per il Psv il ruolo di provinciali sembra calzare a pennello. Fino a quando, nel 1978, il club vince la Coppa Uefa nel ritorno della finale giocata ad Eindhoven, per 3-0, contro il Bastia. Nel 1982, la Philips arriva sulle maglie del club. E non è un caso che due anni dopo, nel 1984, la Philips registri un fatturato record di 55 miliardi di fiorini olandesi (poco meno di 30 mila miliardi di lire) contro i 46 miliardi di fiorini del consuntivo precedente. L’ utile netto è di un miliardo di fiorini (circa 540 miliardi di lire) contro i 689 milioni del 1983. Soldi che servono per inforzare una squadra che, nel frattempo, ha interrotto il proprio ciclo vincente: nel 1985, il Psv compra dal Feyenoord Ruud Gullit. Il risultato: 2 campionati consecutivi vinti in Olanda. In campo, va in onda un curioso duello tra giganti dell’elettronica: il Psv targato Philips contro l’Ajax che ha sulle maglie lo sponsor Tdk.

 

Poi, il Psv va a giocare il trofeo Gamper a Barcellona. Lì c’è invitato anche il Milan, appena comprato da Silvio Berlusconi. Gullit firma per i rossoneri, mentre il Psv va a giocare la Coppa Campioni ma senza essere nella lisa delle favorite. In campo ci sono giocatori del calibro di Ronald Koeman e Eric Gerets, in panchina un esordiente come Guus Hiddink. A Stoccarda, al vecchio stadio Neckar, il 25 maggio 1988 il Psv vince la Coppa dei Campioni, battendo ai rigori il Benfica. Sulle maglie lo sponsor manca, in quella finale (ed anche in quella successiva di Intercontinentale), perché così vuole il regolamento dell’epoca. Ma la Philips c’è: nel calciomercato successivo arriva in Olanda la stella brasiliana Romario.

Una presenza costante, nonostante la crisi

E Philips c’è anche quando agli inizi degli anni Novanta l’azienda affronta un periodo di crisi economica. Il club continua a vincere, mentre la casa madre è costretta a vendere alcune suoi rami, primo fra tutti quello degli elettrodomestici. Nel 1995 arriva un altro brasiliano: è un 18enne, di nome Luis Nazario da Lima. Tutti lo chiamano Ronaldo. Ha i numeri, fa impazzire le difese olandesi, ma un ginocchio un po’ ballerino ogni tanto lo frena, anche se fino a un certo punto: lo prenderà il Barcellona. La Philips continua a supportare la squadra, che si arricchisce di alcuni giovani che faranno la storia del calcio olandese: Jaap Stam e Phillip Cocu, ai quali si aggiungeranno Ruud Van Nistelrooy e Mark Van Bommel. Sono gli anni in cui la Philps comincia il trasferimento della propria sede ad Amsterdam.

 

Per qualcuno, è un ritorno alle origini: il capostipite dell’azienda Gerard Philips abitava ad Amsterdam, quando cominciò a produrre lampadine. Per molti, è il segno che Eindhoven torna ad essere provinciale, contadina, cosa da Boeren. Ma la squadra negli anni ha continuato a togliersi le proprie soddisfazioni, vincendo l’ennesimo titolo nazionale pochi giorni fa. I festeggiamenti per uno scudetto atteso dal 2008 hanno coinvolto tutta la città. E anche allo stadio, che guarda un po’ si chiama Philips, l’euforia è grande. Certo, riempire 35mila posti non è una sfida impossibile. Per l’esattezza, tutti meno uno. C’è un seggiolino che da qualche anno resta sempre vuoto: è il numero 43, fila 22, settore D. Lì sedeva sempre Frits Philips, quarto figlio di Gerard e unico maschio del fondatore dell’azienda. Negli anni Quaranta, durante la guerra, gli Alleati bombardarono la sua fabbrica, perché accusata di collaborare a costruire armi per i nazisti. Frits non era però di quella pasta, tanto che aiutò circa 300 ebrei a fuggire. Negli ultimi anni della sua vita, decise di ritirarsi dagli affari e di assistere ad ogni partita casalinga del Psv in mezzo ai tifosi, non nella tribuna vip.

Oggi la Philips ha deciso di togliere il proprio nome dalla maglia dei Boeren, dopo 34 lunghi anni. Il rapporto continuerà, ma in altre forme. Philips sta attraversando una profonda fase di ristrutturazione, così come il Psv. Lo scorso febbraio, la notizia del cambio di sponsor tecnico da Nike ad Umbro, con l’obiettivo di alzare il fatturato dagli attuali 25 milioni di euro. Ed anche Freo, che sponsorizza la parte posteriore della maglia, lascerà il club. Philips verserà 7 milioni di euro al club per l’ultimo anno, prima di farsi da parte nel 2016. Ma il legame resterà. Per capirlo, basta pagare 5 euro per vedere la fabbrica ora diventata museo. Oppure andare allo Stadionbar e urlare “Boeren! Boeren!” prima della partita. O entrare allo stadio e guardare lì, dove c’è quel seggiolino sempre vuoto.