Juventus, i ricavi non crescono, il debito sì. Tutti i limiti al sogno europeo dei bianconeri

juventus-sfondoI conti della Juventus nei 9 mesi dell’esercizio 2013/2014 rappresentano un segnale importante per capire se il club bianconero,…

juventus-sfondoI conti della Juventus nei 9 mesi dell’esercizio 2013/2014 rappresentano un segnale importante per capire se il club bianconero, dopo essersi laureato campione d’Italia per la terza volta consecutiva, avrà la forza finanziaria per allestire una squadra per la prossima stagione capace di reggere la competizione dei top club europei nell’edizione 2014/2015 della Champions League.

Questo è la domanda che si stanno ponendo in questi giorni tutti i tifosi della Juventus e soprattutto Antonio Conte. Il tecnico della rinascita bianconera, quello che, dopo anni di vacche magre, ha saputo far tornare grande il club in Italia, ma che non è ancora riuscito a convincere in Europa, avrebbe infatti posto come condizione per continuare l’avventura sulla panchina della Juve un consistente rafforzamento della squadra, ma senza privarsi di quelle pedine indispensabili nella prosecuzione del suo progetto tecnico.

Ma il club presieduto da Andrea Agnelli, alla luce dei ricavi che genererà nell’esercizio in corso, ma soprattutto in quelli a venire, è finanziariamente in grado di sostenere una campagna acquisti in grado di accontentare Conte e di non appesantire ulteriormente il bilancio? La domanda non è retorica, visto che, al di là dei proclami della sua dirigenza, nelle stagioni passate (2011/2012 e 2012/2013) la Juve ha accumulato un rosso superiore ai 60 milioni, bruciando di fatto più della metà dei 120 milioni iniettati nelle casse sociali nell’autunno del 2011 dalla Exor della famiglia Elkann-Agnelli e dal mercato, e che per l’esercizio in corso gli amministratori si attendono una perdita superiore a quella del passato esercizio (23,4 milioni secondo le stime di Banca Imi diffuse in aprile).

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I risultati dei 9 mesi approvati ieri sembrano rafforzare questa previsione e non lasciano spazio a facili entusiasmi. I ricavi, a causa dell’eliminazione nella fase a gironi della Champions e, solo in minima parte, per via dell’uscita dall’Europa League nella semifinale contro il Benfica, sono cresciuti solo del 2,5% a 229,2 milioni, mentre i costi operativi, sono invece aumentati del 9,5% attestandosi a 171,6 milioni, principalmente a causa dell’incremento del costo del personale tesserato, salito in 9 mesi di 16,4 milioni.

Tale aumento è legato ai maggiori compensi relativi ai contratti stipulati nella campagna trasferimenti 2013/2014 (13,09 milioni l’incremento) e ai maggiori premi variabili riconosciuti ai calciatori (2,32 milioni solo nei 9 mesi). A fine stagione, dunque, il costo del personale dovrebbe essere considerevolmente più alto rispetto a quello della stagione 2012/2013 (esercizio nel corso del quale era stato pagato un premio di 5,6 milioni per la vittoria dello scudetto): una stima prudente parla di circa 171 milioni rispetto ai 149 milioni della scorsa stagione.

Questo senza considerare gli altri costi di gestione, che assumiamo siano in linea con quelli del 2012/2013 e gli ammortamenti dei diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori, che assumiamo anche in questo caso in linea con quelli della stagione scorsa (nei 9 mesi sono stati di 43,7 milioni così come nello stesso periodo del 2012/2013).

A fronte di ricavi in linea o leggermente più bassi di quelli dello scorso esercizio è dunque lecito aspettarsi per l’esercizio in corso, come hanno prudentemente indicato gli amministratori nella relazione di bilancio sui 9 mesi, una perdita maggiore a quella dello scorso anno.

Ma il vero tema riguarda il 2014/2015. Gli amministratori della Juve per far quadrare i conti ed evitare di bruciare anche ciò che rimane dei 120 milioni di patrimonio ricostruito con l’aumento del 2011 hanno a disposizione tre leve: a) far crescere i ricavi; b) ridurre i costi (prevalentemente ingaggi e ammortamenti); c) cedere uno o più giocatori in modo da trovare le risorse da impiegare nell’acquisto di nuovi calciatori e allo stesso tempo realizzare plusvalenze in bilancio.

La prima leva è difficile da azionare, considerato che ancora per il prossimo anno sarà in vigore il vecchio contratto sulla gestione centralizzata dei diritti tv della Serie A (gli aumenti, legati all’offerta fatta da Mediaset, ci saranno solo a partire dal 2015/2016) e che il nuovo contratto di sponsorizzazione tecnica con Adidas, più ricco di quello attuale con Nike, porterà i primi frutti solo tra due stagioni. Sperando di andare il più avanti possibile in Champions e di replicare dunque il risultato economico del 2012/2013, difficilmente il prossimo anno la Juve riuscirà a sfondare il tetto dei 300 milioni di fatturato che le potrebbe consentire di spendere un po’ di più senza particolari apprensioni.

La seconda leva è parzialmente incompatibile (o forse del tutto) con i desiderata dei tifosi e dello stesso Conte. Di certo, la cessione di qualche giocatore, come Vucinic, Quagliarella, Isla o Giovinco, potrebbe alleggerire parzialmente il monte ingaggi. Ma se per alzare ulteriormente il tasso tecnico della squadra si decidesse di puntare su qualche campione affermato e di comprovata esperienza in campo internazionale, difficilmente il monte salari potrebbe essere abbattuto. Anzi, potrebbe verificarsi il contrario.

C’è poi la terza leva ed è quella più temuta dai supporter della vecchia signora e forse anche dall’attuale tecnico bianconero: cedere uno o due pezzi pregiati dell’attuale rosa in modo tale da avere le risorse in cassa per ricostruire la squadra e, dal punto di vista contabile, realizzare delle plusvalenze con cui assorbire i costi legati a ingaggi e ammortamenti. Da questo punto di vista, considerato il loro valore di carico (estremamente basso) nel bilancio della Juve, e le rispettive quotazioni di mercato, i campioni da sacrificare potrebbero essere Pogba, Marchisio (che nell’ultima stagione non ha trovato grandissimi spazi) e in misura minore Vidal (che ha un prezzo di carico superiore ai primi due). La cessione del talento francese, in particolare, se fossero reali le cifre riportate ormai da mesi dalla stampa sportiva, consentirebbe alla Juve di far quadrare i conti (almeno per la stagione 2014/2015) e di avere munizioni da impiegare nel rafforzamento della squadra.

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C’è però un ultimo aspetto da non trascurare e riguarda il debito. Al 31 marzo 2014 la posizione finanziaria netta della Juventus (ovvero la differenza tra debiti e liquidità in cassa) era pari a 198,9 milioni, in crescita di 38 milioni rispetto ai 160,3 milioni del giugno 2013 e considerato che alla fine dell’esercizio in corso il patrimonio netto è destinato a ridursi ulteriormente, gli amministratori della Juve, coerentemente a quel principio dell’equilibrio finanziario più volte declamato in pubblico, possano decidere di utilizzare gran parte delle risorse derivanti da una cessione eccellente per abbattere il debito. Così ha fatto ad esempio il Milan con i proventi incassati dalla cessione di Zlatan Ibrahimovic e Thiago Silva. Che il presidente della Juve, che pur facendo di cognome Agnelli è pur sempre un “dipendente” di suo cugino John (Elkann), decida di seguire l’esempio di Adriano Galliani?

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