Nel dicembre del 2014, l’esecutivo FIFA annunciava lo stop alle Tpo a partire dal prossimo 1 maggio. Perché le cosiddette proprietà di terze parti, una sorta di multiproprietà che vede sempre più coinvolti nel calcio, e nel mercato dei calciatori (nel possesso cioè dei cartellini), grossi fondi di investimento stranieri, secondo i vertici di Uefa e Fifa, realizzerebbe in realtà una forma di schiavitù inaccettabile per il football dei tempi moderni.
“Vogliamo evitare che grosse somme di denaro siano sottratte al calcio”
A tornare sull’argomento è stato il presidente Uefa Michel Platini, che ha sottolineato ancora una volta l’assoluta dannosità della pratica dichiarando di aver voluto lo stop alle third party ownership per un motivo che, tra i tanti, stava più a cuore al dirigente transalpino : evitare cioè l’ulteriore “scomparsa di grosse somme di denaro nel calcio, che non si sa in quali mani finiscano e dove, e che, invece, dovrebbero continuare rimanere nel calcio“, e, rispondendo ad un quesito posto dal tecnico del Psg, Laurent Blanc, attraverso un video forum, ha detto di “aver messo notevole pressione alla FIFA per lo stop alle Tpo“.
“Non sono un despota”
Aggiungendo poi di “non essere un despota” a chi ventilava l’ipotesi di una decisione, quella di appoggiare l’abolizione delle multiproprietà, in realtà tutta personale. In quetso senso, Platini ha aggiunto infatti che la decisione “è stata presa per il bene del calcio e del gioco nella sua interezza, in maniera “democratica e trasparente” perché “è impensabile che agisca senza il supporto dell’Esecutivo o del congresso Uefa“
Jorge Mendes attacca la decisione
Ma non tutti sono d’accordo con Uefa e Fifa. Oltre ai dirigenti del calcio iberico e lusitano, Jorge Mendes, notissimo agente e non di rado protagonista di operazioni di mercato legate alle Tpo, ha dichiarato, in tempi non sospetti, che, a causa del divieto, ne avrebbe pesantemente risentito tutto il movimento: una vera e propria operazione chirurgica ad esclusivo vantaggio di una ristrettissima cerchia di club, quelli economicamente più dotati, che ucciderebbe competitività e bellezza dello sport più diffuso al mondo.