Una delle questioni sollevate negli ultimi anni dal presidente del Napoli Aurelio De Laurentiis – e che più ha fatto discutere – riguarda la questione dei diritti d’immagine dei giocatori. Secondo il proprietario del Napoli, i calciatori devono cedere al club di appartenenza gli introiti derivanti dall’uso della propria immagine per spot e campagne dove risultano brand ambassador. Una politica che, secondo i più critici, negli anni ha frenato l’arrivo di molti giocatori al club azzurro. Eppure, la cessione di almeno una parte di tali introiti non è una novità. Ci sono realtà in cui tale pratica è consolidata (vedi Bundesliga o Premier League) e club dove, in sostanza, si fa a metà (vedi il Real Madrid).
I naked contracts
Il 2011 fu un anno per gli scioperi nello sport. Dal lockout in Nba alla prima giornata saltata nella Liga spagnola, il motivo della serrata era lo stesso: i soldi. I cestisti Usa non accettavano le decurtazioni di stipendio a fronte delle perdite dei loro club, mentre in Spagna ballavano stipendi arretrati per 50 milioni di euro.
Non solo. Il contrasto tra la Liga e il sindacato dei calciatori iberici verteva anche sulla proposta della prima di introdurre una clausola collettiva sulla cessione integrale dei diritti dei giocatori ai club di appartenenza. “Tale pratica contrattuale, importata dal mondo della Formula 1, viene denominata naked contracts per sottolineare come i calciatori, al momento della conclusione del contratto di lavoro con il club, si obbligano a cedere a quest’ultimo, dietro corrispettivo, l’uso della propria immagine, “spogliandosene” appunto”, spiegò nel 2011 l’avvocato specializzato in diritto sportivo Cristiano Novazio. I naked contracts erano già arrivati nel calcio, in alcuni top club come Arsenal e Manchester United. I Red Devils, in particolare, li avevano applicati a personaggi come David Beckham dietro un adeguamento del contratto di 20mila sterline a settimana.
Il Real Madrid e la “clausola Figo”
Già dal 2000, anno dell’arrivo di Luis Figo tra le fila dei Blancos, il Real Madrid applicò quella che poi venne chiamata proprio “Clausola Figo”. Nel contratto del giocatore portoghese venne inserita una voce relativa all’importo degli introiti dai diritti d’immagine da destinare al club: il 50%. Ovvero, quasi 2 milioni di euro (al netto del cambio) dai soldi che Figo percepiva dalla Coca Cola.
Bale assicura alle Merengues 4 milioni all’anno
La clausola elaborata dal Real, applicata ai Galacticos giunti a Madrid durante la prima era di Florentino Perez, è stata utilizzata anche negli anni successivi. Con situazioni personalizzate. Ad esempio, Cristiano Ronaldo cede il 60% dei propri guadagni dai diritti d’immagine al club, contro il 40% di Gareth Bale. Un affare che vede il Real guadagnarci. Perchè l’appeal di un giocatore aumenta prima di tutto dal club per il quale firma.
E Bale ne è l’esempio più clamoroso. Quando giocava nel Tottenham, il calciatore gallese aveva tre contratti di sponsorizzazione, quello da 2,5 milioni di euro con Adidas, quello con Bt Sports da 2 milioni all’anno più l’accordo con Ea Sports. Con il trasferimento al Real, Bale ha perso il contratto con la Bt (di cui era uomo immagine per la Premier), ma ha guadagnato ora un nuovo accordo con la Sony per il lancio dello smartphone Xperia Z3, oltre al rinnovo con Adidas. In tutto, parliamo di 10 milioni di euro all’anno, di cui 4 in tasca al Real.