Capo ultras dell'Inter ucciso. Dal calcetto agli affari: i sospetti e le cosche

Le forze dell’ordine ora temono una escalation di violenza che vede la Curva Nord solo come un ambiente secondario.

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La Curva Nord vuota in Inter-Sampdoria (Foto: MIGUEL MEDINA/AFP via Getty Images)

Andrea Beretta e Antonio Bellocco erano amici inseparabili, spesso ritratti sui social in atteggiamenti affettuosi, uniti dalla passione per l’Inter. Poi c’erano “Berro” e “Totò ‘u Nanu”. Il primo, un noto picchiatore e capo della Curva Nord, bandito per 10 anni da tutti gli stadi, legato a Roberto Manno, esponente della ’ndrangheta di Pioltello. Il secondo, nipote del boss Umberto Bellocco, rappresentava una delle famiglie più influenti della ’ndrangheta calabrese, già condannato a nove anni per associazione mafiosa, con il sospetto che si fosse trasferito a Milano per gestire gli affari criminali dei clan.

Come riporta l’edizione odierna del Il Corriere della Sera, nonostante non facesse parte del direttivo degli ultrà, Bellocco ambiva a scalare i vertici della Curva Nord, apparendo raramente allo stadio. Solo in poche occasioni si era fatto vedere, ma si dice che ultimamente avesse sottratto a Beretta il controllo delle operazioni più importanti. Questo aveva creato tensioni evidenti tra i due.

Martedì sera, Beretta e Bellocco erano insieme su un campo da calcetto, giocando una partita tra ultras di Inter e Milan. Beretta, con un fisico imponente e vestito di nero, giocava come portiere. Poco lontano, Bellocco, il più minuto del gruppo, indossava una maglia con il numero 23. Una foto del momento era stata pubblicata su Instagram da Marco Ferdico, capo organizzativo della Nord e amico stretto di Bellocco, con la didascalia: «Fratelli di Milano». Ma la mattina seguente la situazione degenerava: Bellocco veniva assassinato a coltellate.

Beretta ha dichiarato di non dormire da giorni e di portare con sé un’arma, temendo per la sua vita. Questo omicidio apre scenari inquietanti, trasformando anni di sospetti in una possibile esplosione di violenza nel tifo milanese. Dietro ciò che sembra una semplice rivalità tra tifoserie, potrebbero esserci invece affari criminali in comune: estorsioni, traffico di droga, controllo di ambulanti e parcheggiatori, dentro e fuori dallo stadio. Si vocifera che Bellocco, con l’influenza della sua famiglia mafiosa, ambisse a diventare il capo occulto della Curva Nord.

Beretta avrebbe dovuto concludere il periodo di sorveglianza speciale a novembre, il che gli avrebbe permesso di muoversi liberamente a Milano, un dettaglio che potrebbe essere cruciale per comprendere il movente dell’omicidio. Le indagini sono affidate alla Direzione Distrettuale Antimafia, poiché la vittima non è una persona qualsiasi. Suo padre, Giulio Bellocco, è morto in carcere lo scorso gennaio, mentre la madre, Aurora Spanò, sta scontando 18 anni di reclusione con un passato di scontri violenti dietro le sbarre.

L’omicidio di un Bellocco, eseguito in modo così cruento, non può restare senza conseguenze, e gli investigatori temono che possa destabilizzare l’equilibrio di potere mafioso che governa Milano da anni. Ora, l’intervento delle famiglie aspromontane, custodi delle regole della ’ndrangheta calabrese, potrebbe essere essenziale per evitare una nuova escalation di violenza.

Il delitto Bellocco, il coinvolgimento di Beretta e i sospetti sui traffici criminali legati alla curva richiedono un’indagine più approfondita che, fino a ora, è mancata. Da tempo, nomi di mafiosi, ultrà e narcotrafficanti si intrecciano nei rapporti delle forze dell’ordine, ma senza una visione completa. Anche il delitto di Vittorio Boiocchi, avvenuto il 29 ottobre 2022, era stato paragonato all’omicidio di “Diabolik”, il leader del tifo laziale ucciso a Roma nel 2019. Tuttavia, le indagini non hanno ancora portato a risultati concreti. Secondo chi conosce bene questo ambiente, la Curva Nord è diventata un luogo pericoloso e imprevedibile.