Calciopoli, inammissibile “per difetto di giurisdizione” il ricorso di Giraudo: le motivazioni del TAR

Le motivazioni per cui il TAR del Lazio ha ritenuto inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso dell’ex dirigente della Juventus.

Giraudo TAR giustizia sportiva
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“Inammissibile per difetto di giurisdizione”. Così il TAR del Lazio ha deciso sul ricorso dell’ex amministratore delegato della Juventus Antonio Giraudo, che si era rivolto alla giustizia amministrativa dopo gli sviluppi legali della vicenda Calciopoli. La richiesta da parte dei legali dell’ex dirigente della Juventus era infatti quella di rimettere alla Corte di Giustizia Europea la questione di incompatibilità della legge 280/2003, quella che disciplina la giustizia sportiva secondo il criterio della specificità dello sport, rispetto ai principi di diritto comunitario.

Nelle sue motivazioni, come si legge nei documenti che Calcio e Finanza ha consultato, il TAR del Lazio spiega in particolare che nel ricorso appunto si parte dal tema dell’incompatitiblità della legge 280/2003 con il diritto dell’Unione Europea, in quanto in particolare “in contrasto con il principio di effettività della tutela giurisdizionale” e la carenza di una tutela giurisdizionale “inciderebbe sulla libertà di circolazione dei lavoratori impiegati nel settore dello sport”.

“Viene quindi domandato il risarcimento del danno, patrimoniale e non patrimoniale, scaturente dalla violazione delle richiamate disposizioni e dei menzionati principi del diritto UE – si legge -. Il danno lamentato sarebbe nello specifico derivato dalla descritta impossibilità di accedere alla tutela giurisdizionale al cospetto degli organi statali, avvalendosi di tutti gli strumenti di difesa e di tutti i rimedi dinanzi a essi consentiti”. Contro il ricorso si è costituita in giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri, che ha chiesto “dichiararsi il ricorso inammissibile o, in subordine, infondato”.

Nella sentenza, il TAR del Lazio sottolinea come una causa definita “analoga” era stata proposta nel 2012 davanti al Tribunale civile di Torino, poi passata dalla Cassazione e poi passato allo stesso TAR ma senza rispettare le tempistiche corrette (la sentenza della Cassazione era stata depositata il 27 dicembre 2018 mentre il ricorso al TAR era stato notificato oltre un anno dopo, il 10 febbraio 2020) e quindi si era estinta.

Tuttavia, spiega il TAR, non c’è “simile identità” tra il primo e il nuovo ricorso: nel primo infatti Giraudo e i suoi legali chiedevano un “risarcimento dei danni in forma specifica” e quindi la richiesta non era “volta a far valere un danno per l’esercizio della potestà legislativa in contrasto con i dettami dell’ordinamento dell’Unione Europea”.

Nel nuovo ricorso, invece, è presente “soltanto una domanda di condanna dello Stato italiano, così come istituzionalmente rappresentato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, per esercizio della propria potestà legislativa in difformità rispetto al diritto sovranazionale europeo”. “Il diverso tenore e il differente oggetto della domanda qui esaminata rispetto a quella precedentemente decisa, in punto di giurisdizione, dalla Suprema Corte di cassazione impedisce di estendere alla prima il dictum pronunciato dalla seconda”.

“Fissata questa premessa, non possono allora esservi dubbi circa la sussistenza della giurisdizione ordinaria”, spiegano i giudici del TAR. “La domanda volta a far valere una siffatta responsabilità non potrà che essere ricondotta entro il perimetro della giurisdizione ordinaria. […] Si è, in definitiva, del tutto al di fuori della materia – rimessa alla giurisdizione esclusiva di questo Giudice amministrativo – attinente alla contestazione dei provvedimenti adottati dagli Organi della Giustizia sportiva”, visto che Giraudo e i suoi legali non solo hanno notificato il ricorso alla sola Presidenza del Consiglio dei Ministri (e non a CONI o FIGC), ma anche che non si chiedeva di discutere né di annullare provvedimenti sanzionatori.

“In conclusione, alla luce delle osservazioni sin qui svolte, la controversia esula dalla giurisdizione del giudice amministrativo e pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. L’accertato difetto di giurisdizione comporta l’applicazione dell’istituto della translatio iudicii, in forza del quale sono conservati gli effetti sostanziali nonché processuali dell’originaria domanda, se il presente giudizio è riproposto dinanzi al giudice ordinario entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente sentenza”.

“Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, in favore del giudice ordinario, nei sensi e nei termini indicati in parte motiva”, concludono i giudici del TAR del LAZIO.