Si dice comunemente che la riforma non possa essere risolta attraverso un approccio puramente matematico, eliminando alcune squadre dai vari campionati. Tuttavia, sono proprio le questioni finanziarie a creare una situazione di stallo preoccupante. Il tempo stringe, con l’assemblea straordinaria programmata per l’11 marzo, voluta dal presidente federale Gravina per rimuovere il diritto di veto (la possibilità per ciascuna componente di dire “no” e far saltare il banco) e riportare qualsiasi proposta di riforma alla maggioranza del consiglio.
Per le componenti, come spiega Il Corriere dello Sport, il veto rappresenta una forma di autotutela. Tuttavia, la Serie A sarebbe la più colpita dalla sua cancellazione, trovandosi sempre più isolata con il suo attuale numero di squadre. D’altro canto, è difficile immaginare una soluzione per il calcio senza considerare le idee dei club più importanti, quelli che influenzano maggiormente il sistema finanziario.
Un nuovo round di dibattito avrà luogo nel consiglio federale di San Marino (ore 11), con l’approvazione del budget 2024 all’ordine del giorno. La situazione attuale è tutt’altro che idilliaca, con le componenti divise su molti fronti, ciascuna cercando di ottenere il massimo vantaggio dalla riforma senza fare compromessi, portando ad una sorta di stallo nella fiducia sulla governance.
Il presidente federale, un anno fa, chiese alle leghe professionistiche di sviluppare un progetto condiviso. Tuttavia, con il passare dei mesi, la situazione è peggiorata. La Serie A si considera la locomotiva del sistema, ma durante un’assemblea qualcuno ha proposto un aumento della rappresentatività dalla componente al 12% al 51%. I club principali vorrebbero ridurre la mutualità alle categorie inferiori, unire le leghe di B e C, e respingono un torneo a 18 squadre. In cambio di una retrocessione diretta in meno, la Serie A sarebbe disposta a condividere i 20 milioni del paracadute non utilizzato.
La Serie A ha da tempo puntato sulla Serie C, anche considerata dalla Serie D, che chiede una riduzione automatica degli stipendi per chi retrocede, un credito d’imposta per giovani e infrastrutture, oltre a rifiutare il progetto delle seconde squadre. Un’eventuale alleanza tra A e B otterrebbe solo il 17% dei consensi (12+5), mentre C e D insieme formerebbero la maggioranza (51%). Le due leghe guidate da Marani (C) e Abete (LND) si stanno avvicinando sempre di più per paura di essere assorbite dalle richieste di Casini (A) e Balata (B).
Lega Pro e Serie D lamentano l’assenza di una visione d’insieme da parte del professionismo di alto livello e non vogliono essere le uniche a fare concessioni. Se l’iniziativa di chi sta al vertice della piramide avrà successo, ciò comporterà la perdita di 20 squadre per la Serie C, con impatti sull’indebitamento e meno opportunità per chi sale dai dilettanti.