Insulti e violenza, dal 2022 oltre 6mila Daspo ma senza condanne

I due casi che hanno portato a un alto numero di persone colpite si sono verificati durante Juventus-Inter di Coppa Italia (cori contro Lukaku) e Atalanta-Juventus (contro Vlahovic).

Lukaku
(Foto: Valerio Pennicino/Getty Images)

Da quando gli stadi hanno riaperto dopo la pandemia, i tifosi, di qualsiasi sport in Italia, che si sono macchiati di condotte violente, che siano scontri o insulti reiterati di stampo razzista, sono stati colpiti da Daspo 6.104 volte dal 1° aprile 2022 a oggi.

Come riporta l’edizione odierna de Il Corriere della Sera, un numero così importante potrebbe essere la conseguenza di un periodo abbastanza lungo lontano dagli stadi, appunto per la pandemia, e che adesso siamo in pieno “effetto rimbalzo”, un termine che si usa anche in Borsa per giustificare la crescita esponenziale di un titolo dopo una rovinosa caduta. Di sicuro questi numeri rappresentano un dato che non è mai stato così alto.

Se si analizzano quei 6.104 Daspo, si vede come circa 200 siano dovuti a condotte discriminatorie, che comprendono insulti, cori o comportamenti riferiti al colore della pelle o ad appartenenze etniche o religiose. Meno del 4% del totale. È un numero approssimato probabilmente per difetto, a causa delle difficoltà a censire ogni singolo episodio, ma è l’unico a disposizione della Polizia di prevenzione, che coordina il lavoro delle Digos negli stadi.

Daspo tifosi sport Italia – Lo strano destino dei procedimenti penali

Insieme ai Daspo ci sono anche 204 denunce penali, scaturite da 95 episodi diversi. Di questi, 63 rientrano nella categoria di «cori e insulti» che raggruppa il maggior numero di denunciati (199), mentre 31 sono legati all’antisemitismo (denunciate 4 persone); infine c’è l’esposto contro un ultrà del basket che a giugno 2023 ha mimato le mosse di una scimmia rivolto a un cestista di colore. A questi numeri vanno aggiunti i cinque tifosi denunciati per violazione della legge Mancino contro la discriminazione razziale, avendo esibito il saluto romano o scritte discriminatorie.

Dei 199 denunciati per cori e insulti a sfondo razzista, ben 162 sono raggruppati in soli due episodi avvenuti il 4 aprile e il 7 maggio della scorso anno: le urla verso Lukaku durante la semifinale di Coppa Italia Juventus-Inter giocata a Torino (ben 144 tifosi bianconeri denunciati, il più anziano di 68 anni e il più giovane di 16),; e quelle contro Vlahovic durante Atalanta-Juventus del 7 maggio, a Bergamo, quando furono identificati 18 sostenitori nerazzurri che gli gridavano «zingaro». Il primo processo è finito in archivio, su richiesta del pubblico ministero, condivisa dal giudice.

La giustificazione secondo i magistrati per non applicare l’articolo 604 bis del codice penale, che prevede fino a un anno e mezzo di carcere o una multa fino a 6.000 euro, è quella che il reato è stato sì commesso, ma rientrava nei casi di non punibilità previsti dalla «tenuità del fatto». Motivo: «La moltitudine di persone ha agito influenzandosi l’un l’altra», si mosse per «evidenti ragioni di rivalità sportiva» e in un lasso di tempo «non significativo».

Per quanto riguarda l’episodio di Bergamo, il giudice non si è ancora espresso, ma già una richiesta di non luogo a procedere perché «il fatto non è previsto dalla legge come reato». Secondo il pm, le grida contro l’attaccante serbo della Juventus non possono essere classificate come istigazione alla discriminazione razziale: «La pur riprovevole condotta contestata appare piuttosto riconducibile al paradigma dell’ingiuria, penalmente non più rilevante» dopo l’abrogazione del reato decisa nel 2016. Al contrario, i vari Daspo sono stati confermati.

Infine, per dimostrare che sul piano penale succede poco o nulla, ecco il caso di Luca Castellini. Il militante di Forza Nuova nel 2019, dopo un Verona-Brescia, aveva rivolto pubblicamente alcuni insulti a Mario Balotelli: «Sei più stupido che negro» e «non potrai mai essere del tutto italiano» per il colore della pelle. Frasi che il tribunale ha giudicato espressione di un «identitarismo caratterizzato da una xenofobia diffusa», ma non del reato punito dalla legge Mancino. Un mese fa, a Roma, Castellini è stato condannato a otto anni e due mesi di pena per l’assalto alla sede della Cgil del 2021.