Gravina: «Il calcio paga 1,4 miliardi di tasse. Abbiamo bisogno dello Stato»

Il presidente della FIGC ha sottolineato il bisogno di riforme per l’intero sistema: «È evidente che 100 squadre professionistiche è un unicum e non è accettabile».

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Gabriele Gravina (Foto: Claudio Villa/Getty Images)

Al convegno “Sport Industry Talk”, organizzato da Rcs Academy e da Il Corriere della Sera, oltre al ministro per lo Sport Andrea Abodi e all’amministratore delegato dell’Inter, Giuseppe Marotta, è intervenuto anche il presidente della FIGC, Gabriele Gravina. Il numero uno della federcalcio italiana ha voluto porre l’accento su un tema in particolare, il contributo economico che il calcio garantisce allo Stato, anche in vista di una redistribuzione verso gli altri sport.

«Il calcio è sicuramente un grande valore del sistema Paese sotto il profilo sportivo, economico e sociale – ha voluto ribadire Gravina -. Rappresentiamo il 25% dei tesserati del CONI, valiamo lo 0,58% del PIL nazionale e contribuiamo con 1,4 miliardi al gettito fiscale. Per ogni euro che lo Stato dà al calcio, lo Stato ne riceve 18. È evidente il peso del calcio come industria nel nostro Paese. Stiamo già facendo una autodiagnosi ma abbiamo anche bisogno dello Stato, abbiamo bisogno di qualcuno che ci dia supporto. Se non possiamo adottare norme per rendere più equa la competizione mettendo sotto controllo anche i costi di gestione, non possiamo pensare di avere questi costi così alti. Noi dobbiamo adottare criteri per mettere in sicurezza il sistema».

Nell’agenda è cerchiato in rosso l’11 marzo 2024, quando si avrà un’idea più chiara sulle tanto attese riforme legate al calcio: «Purtroppo sono anni che prepariamo progetti basati su dati oggettivi, è evidente che 100 squadre professionistiche è un unicum e non è accettabile. Con Casini ci siamo già confrontati, nessuno può pensare di non dare alla Lega di A come motrice del calcio italiano una sorta di golden share nel numero di squadre. Tolta l’autonomia della Lega di A nell’autodeterminarsi, l’idea della riforma riguarda altre componenti. Non è un problema aritmetico, il concetto della riforma debe passare dai concetti di sostenibilità e sviluppo. La riforma deve passare attraverso il dialogo tra le componenti, deve puntare a un discorso di filiera. Il danno è il sistema delle retrocessioni, oggi si ha più paura di retrocedere che altro».

Dibattuta anche la possibilità di una rimodulazione del Decreto Crescita, alla quale le società professionistiche si stanno opponendo: «In campo ci sono posizioni che hanno finalità diverse. Una ha valutazioni economico-finanziarie, di appeal, per il brand. Dall’altro c’è l’esigenza di tutelare il vivaio, il prodotto nazionale. Dobbiamo concentrarci su un’idea di progetto più complessiva, non possiamo esaurire il percorso su singoli provvedimenti come può essere il Decreto Crescita o le scommesse. Serve un progetto organico, trovare soluzioni per un progetto innovativo».

La Nazionale: «Abbiamo avuto questa decisione improvvisa di Mancini, Luciano Spalletti ha dato un valore aggiunto in un momento complicatissimo, con una classifica che ci penalizzava nel girone più difficile. È riuscito a ottenere un risultato importantissimo, ora viene il bello. Ci siamo confrontati, ha ancora più voglia di lavorare, visita tutte le società e ha ottimo rapporto. Speriamo di potere avere a disposizione uno stage, ci prepareremo al meglio agli Europei. Con Luciano abbiamo trovato una nuova guida che può dare tanto al calcio italiano. Abbiamo un titolo da difendere e aspettiamo il 2 dicembre per il sorteggio. Al di là della fascia sappiamo di dover affrontare avversari di livello. Il rapporto con Mancini? Ieri gli abbiamo fatto gli auguri per il compleanno, il rapporto di affetto e amicizia per quanto mi riguarda è intatto, un rapporto che va recuperato in ogni caso perché bisogna riconoscergli un percorso di cinque anni straordinario che ci ha consentito di essere campioni d’Europa con un’imbattibilità di 37 partite».

«Il calcio italiano ha tantissimi talenti, ne è convinto anche Spalletti – ha concluso Gravina -. Il problema è offrire a questi talenti l’opportunità. Per esempio, Sinner ha potuto esprimere le sue qualità, dobbiamo convincere e convincerci sempre di più che questi talenti hanno bisogno di giocare, di queste opportunità. La dimostrazione la si vede dal fatto che le giovanili azzurre hanno risultati incredibili, purtroppo una volta superata l’Under 21 disperdiamo questo talento».