I fan token, il metaverso, i social come TikTok per intercettare anche i giovani della Gen Z. Ma anche la digitalizzazione dei servizi e l’obiettivo, nel medio termine, di avere un nuovo impianto in versione smart arena. La trasformazione digitale del Bologna è un percorso intrapreso da tempo e che ora, dopo qualche anno speso a gettare le fondamenta e a capire quali fossero quelle solide su cui costruire, è pronto a prendere il largo e, perché no, a fare scuola tra i club della massima serie.
Di tutto questo ne parla Christoph Winterling, direttore commerciale e marketing Bologna FC 1909, raggiunto da Calcio e Finanza in uno dei pochi break della stagione estiva, che rappresenta un tour de force al cardiopalma prima dell’avvio del campionato. «L’estate per me è il periodo più incasinato ma anche il più bello – premette -; tante trattative, tanti impegni ma anche tanti stimoli, soprattutto in una squadra come il Bologna dove si inizia presto a giocare, con la Coppa Italia, e di fatto non si stacca mai».
Partiamo da quella che definisce la “trasformazione digitale del club”. In cosa consiste? Quali attività prevede e quali ambiti abbraccia?
Abbiamo cominciato diversi anni fa, con l’intento di comunicare meglio con un target più giovane. Eravamo partiti molto forte con Facebook ma, ci siamo resi conto in breve che era più utile dirottare i nostri sforzi su Instagram e ancor di più su TikTok. Siamo stati tra i primi a esplorare il mondo dei fan token, avviando collaborazioni con Socios, OneFootball e Sorare. A breve faremo un ulteriore step, debuttando nel metaverso, con una piattaforma dedicata. La volontà comune a tutti questi canali è la medesima: raccontare in modo diverso il Bologna e rendere più diretta e spontanea la comunicazione con i tifosi da una parte e, dall’altra, offrire nuove opportunità agli sponsor che vogliono investire fuori dai circuiti tradizionali.
In questo contesto di trasformazione come è cambiata la comunicazione del club con i tifosi, con i media e con le istituzioni del calcio?
Per noi i risultati sono decisamente positivi. È cresciuto il numero dei follower su tutti i canali ma è cresciuto anche il business online, la vendita di merchandising. Come anticipavo una forte presenza digitale permette anche di cogliere opportunità di sponsorizzazione inedite, avviando un dialogo con aziende che scelgono di investire solo nel mondo digital. Creiamo quindi pacchetti digitali per i nostri partner che non mostrano più interesse per i prodotti tradizionali. Inoltre, sempre pensando ai target più giovani, approcciandoli online abbiamo modo di fidelizzarli e dunque portarli anche nell’esperienza offline.
Qual è a suo avviso il livello di digitalizzazione dei club italiani? Paghiamo tanta distanza con gli altri campionati europei?
Complessivamente ritengo che siamo un po’ indietro rispetto ai club europei ma molte società si stanno muovendo. Bisogna superare lo scoglio mentale dell’investimento: è vero che inizialmente rappresenta un costo, anche sostenuto, non solo per le tecnologie ma anche per le persone che vanno assunte per gestire queste tecnologie. Ma poi si aprono tante vie di monetizzazione. È possibile pensare a servizi dedicati sulle singole piattaforme ed è possibile farlo sinergicamente insieme agli sponsor. L’obiettivo del product placement non cambia ma cambia l’approccio: qui il tifoso è protagonista, trova contenuti della sua squadra, raccontati con gli sponsor, in modo divertente. Infine, va ricordato che gli investimenti nel digitale ci aiutano a conoscere il nostro tifoso, avere informazioni sul comportamento sulle sue abitudini, da condividere con i partner: opportunità mai avuta in passato a questo livello di profondità.
Da qualche settimana è stata lanciata una App ufficiale del Bologna: quali servizi prevede?
La prima release di Bologna Fc 1909 è disponibile sugli store digitali da appena due settimane ma stiamo già lavorando a una nuova implementazione, che prevederà anche un loyalty program per i tifosi più attivi. Ci teniamo particolarmente perché rappresenta perfettamente il nostro impegno in termini di digitalizzazione. Oltre ai contenuti spiccano i servizi, cominciando dalla biglietteria. Grazie alla app è disponibile, non solo l’acquisto del ticket, ma è anche possibile scaricare l’abbonamento sul wallet del telefono ed entrare allo stadio senza stampare nulla. Siamo soddisfatti perché quasi il 70% di nostri tifosi hanno scelto l’abbonamento digitale e, tramite la sezione MyBFC, totalmente personalizzabile, non occorre avere né ticket né tessera del tifoso, basta il telefono e il documento di identità per entrare allo stadio.
Ecco l’assist per il capitolo stadio…
Noi adesso siamo nella fase finale per ricostruire lo stadio Dall’Ara. Dovremo giocare per due anni in una struttura temporanea e, se tutto procede come ci auguriamo, torneremo nel nostro impianto nella stagione 2027/28. Il progetto di restyling punta a riconsegnarci uno smart stadium, una struttura totalmente rinnovata, con servizi tecnologici non solo all’interno dell’impianto; i nostri tifosi avranno informazioni sul traffico, sugli ingressi, venendo indirizzati dove c’è meno fila, sia per gli accessi che per l’offerta food and beverage presente. I servizi digitali si inseriscono nella cornice di offerta per intercettare i più giovani; certo, non bastano, l’evento allo stadio deve essere totalizzate, compresa una squadra che giochi bene e che faccia divertire.
Gli sforzi per intercettare giovani e giovanissimi sono molteplici: ma in che misura stanno ripagando?
L’esperienza dello stadio piace, stiamo riscontrando numeri positivi nelle ultime stagioni, soprattutto dopo la pandemia. È innegabile che i giovani faticano a sopportare i 90 minuti, per cui vanno sviluppate nuove idee, dentro e fuori lo stadio, prima e dopo il match. In questa direzione un impianto di ultima generazione è un alleato importante e, gli stadi vecchi che caratterizzano l’Italia sono un limite.
Nuove generazioni di tifosi ma anche nuove generazioni di calciatori: nelle rose dei club la Generazione Z sta diventando ormai la maggioranza. Possono dare un contributo a portare i coetanei allo stadio e ad avvicinare ai club?
Indubbiamente, sono giovani e conoscono il mondo in cui si muovono i giovani. Quindi possono fare la differenza nel comunicare, nel raccontare una storia. L’obiettivo è chiaramente di coinvolgerli il più possibile, facendogli fare un’attività che a loro già piace. Il rovescio della medaglia è che loro hanno i loro canali di comunicazione e si muovono sui social in autonomia, diventando un’azienda a sé. Questo non vuol dire che non possa essere un bene per la società: se un giocatore conosciuto lavora molto sui suoi profili lavora implicitamente anche per il club e la promozione diventa complementare.