Dirigenti Juve intercettati: «La Consob la supercazzoliamo»

Nel caso Juventus, fra plusvalenze e carte private, un aiuto determinante alle indagine sono arrivate dalle intercettazione delle telefonate fra i dirigenti bianconeri che hanno permesso di costruire gran parte…

Juventus fascicolo filone stipendi

Nel caso Juventus, fra plusvalenze e carte private, un aiuto determinante alle indagine sono arrivate dalle intercettazione delle telefonate fra i dirigenti bianconeri che hanno permesso di costruire gran parte dell’impianto accusatorio.

Come riporta Il Corriere della Sera, i dirigenti juventini sapevano come le plusvalenze iscritte a bilancio avrebbero potuto attirare le attenzioni della Consob, ma «tanto la supercazzoliamo», in stile Amici Miei. Parlava così il direttore finanziario Stefano Cerrato parlando nello specifico dello scambio con il Marsiglia Tongy-Akè, che è valso una plusvalenza di 8 milioni di euro per la Juventus.

Le parole di Cerrato risalgono al 15 ottobre 2021, quando le attenzioni degli investigatori sui conti della Juve erano già alte, ma l’intercettazione ha consentito di avere il via libera per le intercettazioni, firmato dai pm Mario Bendoni e Ciro Santoriello.

Da lì inizia un flusso continuo di chiamate fra i dirigenti della Juve che viene ascoltato costantemente dalla Guardia di Finanza, che ascoltano i “piani” per uscire puliti dal giro di plusvalenze messe a bilancio. Il centro è sempre Cerrato che, dopo aver parlato dell’affare Arthur-Pjanic con Stefano Bertola, capo dell’area business, fa partire la chiamata verso Roberto Grossi, revisore di Ernst&Young per dirgli di aver preparato la relazione: «Penso, che però, sarebbe opportuno dargli (alla Consob, ndr ) un riferimento più o meno di principio contabile o di qualche cosa, cioè posso io supercazzolarli in modo più raffinato? Invece di dire solo questo?».

Insomma una relazione scritta a più mani per non destare i sospetti della Consob e i dubbi vengono confermati il 26 ottobre, quando Grossi chiama Cerrato dopo aver ispezionato la memoria inviata da quest’ultimo e gli consiglia di non usare il termine «aleatorietà», che «è troppo forte», ma di prediligere «soggettività». E aggiunge: «Non dite che non usate Transfermarkt, dite che qualche volta lo usate». Tutti dialoghi catturati dai finanzieri, che un mese più tardi si presentano negli uffici della Juve con un mandato di perquisizione firmato dai pm.

Ora quelle intercettazioni sono le fondamenta delle accuse rivolte dai pm ai vertici del club: Andrea Agnelli, Pavel Nedved e Maurizio Arrivabene e ad altri manager, per false comunicazioni sociali per tre bilanci, dal 2018 al 2020, ostacolo alla vigilanza, aggiotaggio e false fatturazioni.

Plusvalenze e manovre stipendi sono sotto la lente di ingrandimento degli ispettori e sulle prime continuano le intercettazioni, questa volta ambientali, grazie a una microspia al ristorante “Cornoler” con protagonisti il ds Federico Cherubini e Bertola, che concordano il luogo al telefono e quindi vengono intercettati dalla Guardia di Finanza. La sera del 22 luglio i due prenotano un tavolo, a due passi dal centro e dalla vecchia sede della Juve. Questa, alla fine, è l’unica intercettazione ambientale dell’inchiesta, ma una delle più produttive, dal punto di vista investigativo, con oltre tre ore di conversazione captate.

Il “menù” della conversazione prevede calcio e affari, di plusvalenze e del capo dell’area tecnica Fabio Paratici, che da pochi giorni aveva lasciato il club, per poi accasarsi al Tottenham. «Io l’ho detto a Fabio: è una modalità lecita ma hai spinto troppo», dice Cherubini. «E lui mi rispondeva: “Non ci importa nulla, perché negli scambi se metti 4 o metti 10 è uguale, nessuno ti può dire nulla». Il ds insiste: «Fabio ha avuto carta libera». La discussione è tale che Bertola confida: «La situazione è davvero delicata. Io in 15 anni faccio un solo paragone: Calciopoli. Lì c’era tutto il mondo che ci tirava contro, questa invece ce la siamo creata noi».

Il paragone con Calciopoli sembra un auto-condanna, mentre la difesa sostiene che questo sia fatto parlando delle difficoltà della società nel periodo post Calciopoli – con i calciatori in fuga e la squadra in B – e l’attuale, con il caos Superlega e i bilanci in crisi per il Covid.

Bertola, per il momento, non è mai andato a parlare con i magistrati. Per lui parlano le intercettazioni, come quella di un altro manager che sottolinea la necessità di dare risposte alla Consob perché non si può dire agli ispettori che «il bilancio è un atto di fede».