Bianchi a CF: «Perché i fondi faranno bene al calcio»

I progetti per il Calcio Padova, ma anche l’ingresso dei fondi d’investimento nel calcio italiano, con un occhio di riguardo per la proposta della cordata guidata da CVC alla Serie…

Alessandra Bianchi intervista

I progetti per il Calcio Padova, ma anche l’ingresso dei fondi d’investimento nel calcio italiano, con un occhio di riguardo per la proposta della cordata guidata da CVC alla Serie A. Sono questi i temi che Calcio e Finanza ha approfondito in un’intervista con Alessandra Bianchi, amministratore delegato del club veneto, ma anche investment manager per il fondo Amber Capital.

Da anni Bianchi lavora al fianco di Joseph Marie Oughourlian, imprenditore francese con la passione per il calcio – e creatore del fondo Amber Capital –, che proprio nel pallone ha deciso di investire arrivando ad essere proprietario di ben tre società tra Europa e Sudamerica.

Il Padova è solo «uno dei suoi investimenti in ambito calcistico», ci racconta Alessandra Bianchi. L’ad dei Biancoscudati ci tiene a sottolineare come le acquisizioni siano state tutte effettuate «tramite investimenti con risorse personali», da parte di Oughourlian.

Quello nella società veneta è solo il «terzo in ordine di tempo. Il primo è stato quello nel Millionarios (storico club colombiano) e il secondo nel Lens (club che milita nella Ligue 1 francese). Nel Padova siamo entrati con una quota del 20% nel 2017, siamo progressivamente saliti e abbiamo acquisito il controllo della società nel 2019».

In tutte queste operazioni c’è «la passione come denominatore comune, come presupposto. Tuttavia, c’è anche una logica gestionale-finanziaria. Questi investimenti vengono fatti per posizionarsi nel settore calcistico in un momento in cui gli assetti proprietari stanno cambiando e cresce l’attenzione di investitori di carattere istituzionale».

Il tutto in una logica di «programmazione, consapevoli del fatto che il calcio può portare a ritorni nel medio lungo termine, ma con l’idea di creare delle realtà e delle condizioni affinché questi investimenti siano generatori di valore, dal settore giovanile alle strutture».

Nel caso del Padova, racconta Bianchi, «ci siamo dati un orizzonte di tre anni con tre obiettivi: il ritorno in Serie B (il club attualmente è primo in classifica nel Giorne B della Serie C ndr); un lavoro sulla valorizzazione del settore giovanile, che a Padova è sempre stato un’eccellenza e terzo l’aspetto delle infrastrutture. Ci piacerebbe poter mettere in piedi un centro sportivo che sia un polo di riferimento per la Prima squadra e per il settore giovanile e che possa avere attività di contorno tali da renderlo un punto di riferimento anche per tutta la città di Padova».

Ma quali sono le differenze tra la gestione di un club di Serie C e uno di Ligue 1? Bianchi ci spiega che «dal punto di vista gestionale non ci sono grandi differenze nelle aree di lavoro, ma è chiaro che la categoria determina una serie di impatti, soprattutto sui ricavi, ancora di più che sui costi. La massima categoria è perfetta per valorizzare il brand, e permette di lavorare meglio a livello di ticketing, merchandising e attività accessorie».

In generale, «quello che è importante è avere una struttura di costi che abbia elementi di elasticità, che nel caso si scenda di categoria come è successo a noi dalla B alla C, non ci sia eccessiva rigidità».

Alessandra Bianchi

Come anticipato, Alessandra Bianchi non opera solamente nel settore calcistico, ma è anche investment manager per il fondo Amber Capital. I fondi, grandi protagonisti della storia calcistica recente: ma da cosa è guidato l’ingresso nel mondo del pallone?

«Io distinguerei la parte relativa ai singoli club e l’investimento per esempio nella Serie A. L’investimento nella Serie A ha una logica che, se si guarda ad altri Paesi europei, è legata al fatto che l’Italia sia rimasta più indietro, e questo rimanere indietro è stato visto come un’opportunità, dato che la Serie A resta comunque un campionato di tutto rispetto».

«I fondi – ha aggiunto Bianchi – hanno visto una possibilità di creazione di valore nel portare risorse finanziarie, ma anche manageriali di un certo tipo. In sostanza c’è molto potenziale».

«Per quanto riguarda invece i club – ha spiegato – abbiamo visto avvicendarsi in società straniere, così come in Italia, presidenti diversi dai patron che abbiamo sempre conosciuto. Anche lì secondo me è un investimento che nel medio termine ha una sua logica nel momento in cui si riesce a valorizzare il brand legato al club e a creare un dialogo con il territorio: così diventa un veicolo di indotto molto importante».

A livello di organizzazione, «uno dei problemi del calcio è quello della governance e della divisione. Siamo bravi a dividerci e a perseguire ognuno il proprio interesse senza guardare a un obiettivo comune. Questo in Serie A è evidente, quindi riuscire ad avere un soggetto terzo, manageriale e istituzionale è importante».

Proprio per questo, secondo l’ad del Padova quella di CVC per la Serie A è una «proposta che ha una logica, nel senso che identifica bene gli elementi fondamentali per avere successo. Mi sembra che abbiano ben indirizzato la governance della media company e che puntino ad una suddivisione dei ruoli ben definita dall’inizio. Se riescono a indirizzare questo tema, con una lega fatta di 20 presidenti che non sempre si trovano sulla stessa lunghezza d’onda, secondo me sono sulla buona strada».

Da non dimenticare anche il tema delle infrastrutture, con diversi progetti per costruzione o riqualificazione di impianti avviati tra le società del massimo campionato: «Molto importante. Il gap infrastrutturale con altre realtà, penso per esempio all’Inghilterra, è piuttosto evidente. Anche qui, bisognerà riuscire a superare le difficoltà di dialogo che continuano a esserci tra i club e gli enti locali».

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In chiusura, una riflessione sul ruolo della donna e sulla presenza di figure femminili all’interno del mondo del calcio: «Dal punto di vista tecnico è un mondo che è sempre stato particolarmente chiuso, perché tutte le figure che vanno da allenatore a direttore sportivo sono ricoperte da ex calciatori. C’è un elemento di chiusura che chiamerei strutturale».

«Invece – ha spiegato – a livello manageriale ho visto con piacere, anche in Serie C, che sono presenti delle donne. Non troppe, ma più di quelle che mi aspettassi e c’è comunque la possibilità di interfacciarsi senza problematiche particolari. Non vedo una chiusura a priori».