Undici tifosi della Lazio hanno presentato una citazione davanti al giudice di pace in relazione all’espulsione dell’attaccante biancoceleste Ciro Immobile durante la partita dell’11 dicembre tra la Lazio e il Torino, terminata con la vittoria dei granata per tre gol a uno. Sotto accusa nella citazione la non corretta applicazione del regolamento e del protocollo Var, l’assistente video introdotto quest’anno nel campionato di serie A, da parte dei direttori di gara.
Come si legge su TopLegal.it, lo studio legale Previti (fondato dall’ex ministro della Difesa del governo Berlusconi, noto tifoso biancoceleste, ma oggi guidato dal figlio Stefano) ha infatti provveduto alla notifica dell’atto di citazione nei confronti del direttore di gara Paolo Giacomelli e del Video Assistance Referee Marco Di Bello in seguito al mancato riscontro all’invito di negoziazione assistita.
L’udienza davanti al giudice è fissata al prossimo 25 giugno. “La vicenda, prima del suo genere in Italia, – spiegano gli avvocati Flaviano Sanzari e Stefano Previti che assistono i ricorrenti – riguarda la condotta dei due arbitri che, secondo i promotori dell’azione, si sono gravemente e del tutto immotivatamente discostati da quanto stabilito dai regolamenti tecnici vigenti e dal Protocollo Var, privando la squadra di un sacrosanto calcio di rigore e decidendo per una ingiustificata espulsione nei confronti dell’attaccante biancoceleste”.
Nella citazione contro la non corretta applicazione della Var i tifosi laziali chiedono un risarcimento perchè in sostanza “sarebbe stato leso il loro diritto al tifo”. A detta dei ricorrenti infatti l’espulsione di Immobile nel corso dell’incontro Lazio-Torino, suffragata dalla Var, avrebbe inciso sul risultato finale della partita, terminata con la vittoria dei granata.
Secondo i due avvocati, il giudice dovrà quindi stabilire se la condotta degli arbitri sia tale da potere “giustificare una richiesta di risarcimento avanzata dai tifosi per i danni di natura non patrimoniale subiti, rappresentati dalla lesione del diritto di poter vivere la propria passione sportiva al riparo da condotte connotate da inaccettabili profili di colpa”.