Il commissariamento della Figc torna a essere qualcosa più di uno spauracchio. Ieri il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha spiegato senza mezzi termini la sua strategia a Cosimo Sibilia, Gabriele Gravina e Damiano Tommasi, i tre candidati all’assemblea elettiva di lunedì, nell’incontro lungo quasi due ore nel suo studio.
Secondo il Corriere della Sera, si è dunque tornati indietro di due mesi quando Carlo Tavecchio, dopo l’eliminazione dell’Italia dal Mondiale, aveva rassegnato le dimissioni e il Coni meditava di risolvere la crisi con il commissario.
Ieri Malagò ha mostrato ai candidati alla presidenza della Figc la nuova lettera di diffida inviata in via Allegri nella quale si richiama la Federcalcio a adeguare lo statuto della Lega di A in base ai principi informatori approvati dal Consiglio Federale il 26 ottobre.
Alla prima lettera, dello scorso 5 gennaio, Tavecchio non ha mai risposto «disconoscendo le regole». Così Malagò è passato all’attacco: se entro 30 giorni la Lega non avrà rinnovato le cariche «il Coni non potrà esimersi dall’assumere i necessari provvedimenti».
Cioè commissariare la Federcalcio. Indipendentemente dall’esito del voto. Ecco perché il capo dello sport italiano ha chiesto ai contendenti il rinvio. E stavolta è sicuro di avere gli strumenti giuridici per arrivare sino in fondo.
Cosa succederà adesso è difficile dirlo. Secondo Repubblica, il lavoro di moral suasion di Malagò e del ministro Lotti ha contribuito ad aggregare intorno alla strategia della Roma e della Juventus un discreto numero di società (Sassuolo, Inter, Fiorentina, Bologna e Spal in maniera stabile; mentre in maniera più intermittente Torino, Sampdoria e Cagliari) che si dichiarano intenzionate a bloccare tutto, sia le nomine sia l’adeguamento ai principi informatori, vedendo nel commissariamento l’unica opportunità per riformare e modernizzare il sistema.
Venerdì il blocco “riformista” verrà messo alla prova per la prima volta. Dalla sua tenuta (o non tenuta) dipende quasi tutto.