Fin qui la maggior parte di noi l’ha declinata al femminile: “la Var” è entrata in questo modo nel linguaggio calcistico nazionale.
Ma dobbiamo correggerci ed adattarci ad un nuovo genere: Var è maschile e vuole l’articolo “il”.
Il Var non è altro che il video assistente arbitrale e il nome – il cui acronimo deriva da Video Assistant Referee – è riferito appunto all’elemento umano, ovvero a colui che integra le decisioni dell’arbitro stando davanti alle telecamere a disposizione.
Certo, la lingua inglese, più semplice dell’italiano, non ha questo problema, non esistendo il genere negli articoli. Var è Var e non servono altre specifiche.
In Italia invece, dove non sono mancati dibattiti alla fine della prima giornata, è stato proprio il responsabile numero uno, ovvero il neo designatore Nicola Rizzoli, a spiegare chiaramente che dovremo dire il Var e non la Var.
I tifosi l’hanno sognata per anni, e ora che la tecnologia sbarca in campo, la rivoluzione è servita.
“Se va, sarà una vittoria di tutto il calcio” ha esordito Rizzoli in occasione del consueto appuntamento, al centro tecnico federale di Coverciano, della fine del raduno precampionato degli arbitri della Can A e Can B dell’Aia.
Per Rizzoli che comincia la nuova carriera fuori dal campo la novità Var è tutta da seguire: “Dobbiamo essere tutti preparati, è così pure i media, su questo progetto: noi abbiamo fatto un lavoro mostruoso. Una cosa deve essere sempre chiara – ha ribadito – la decisione finale sarà comunque sempre solo ed esclusivamente dell’arbitro, l’obiettivo all’inizio è la massima accuratezza della decisione con minima interferenza e massimo beneficio”.
Il gioco non dovrà essere frazionato da interventi continui, perché lo scopo – ha ribadito anche Rosetti – è mantenere intatta la bellezza e fluidità del gioco.