Quando si parla dell’avvento dello sceicco Mansour al Manchester City, datato 2008, le chiacchiere comuni portano ad enfatizzare le spese per i calciatori, gli ingaggi in aumento, la violazione che molti considerano “impunita” delle regole del Fair Play Finanziario.
Se sull’ultimo punto si viene presto smentiti, visto che il Manchester City – al pari del PSG acquistato da una proprietà qatariota nel 2010 – è al momento la società che ha ricevuto la più salata multa da parte dell’UEFA, a dimostrazione che le regole ci sono, vanno rispettate e vengono fatte rispettare, sugli altri due è bene allargare la visuale per capire la portata e le ricadute sulla collettività di una realtà come il Manchester City.
La prima obiezione e più immediata riguarda la crescita in termini di ricavi del club. E’ qualcosa che abbiamo già approfonditamente analizzato e di cui ci limitiamo qui a ribadire graficamente solo i numeri principali.
Il secondo aspetto, molto meno noto, riguarda invece le ricadute degli investimenti nel club sul territorio.
Innanzitutto l’Academy. Un investimento che arrivò dopo la risistemazione di Platt Lane, altro centro sportivo della città (nella zona di Fallowfield) che attualmente ospita tra gli altri la sezione locale della Football Association, e viene utilizzato prevalentemente dai club sportivi della città.
Nel dicembre del 2014 (6 anni dopo l’insediamento del gruppo di Abu Dhabi nel club) il Manchester City ha inaugurato la sua nuova Academy.
Circa 33 ettari di area bonificata e completamente riqualificata ospitano ora uno dei più moderni centri sportivi al mondo. Un investimento stimato in 200 milioni di sterline.
Per i suo funzionamento il club ha stipulato in totale 883 contratti con compagnie locali che forniscono i vari servizi ed è stimato che l’80% tra investimenti e costi di esercizio dell’intero progetto ricadono nel Nord Ovest dell’Inghilterra, ovvero nell’area della Greater Manchester (il distretto intorno alla città di Manchester) e nelle zone limitrofe.
Oltre a questo, nel giugno del 2014 è stato annunciato un piano da un miliardo di sterline destinato all’area attorno allo stadio Etihad e che arriva fino a Ancoats, una zona che era conosciuta prima della seconda guerra mondiale come la Little Italy di Manchester (centro industriale dove lavoravano molte fabbriche di cotone).
Oltre ad un piano residenziale con 6 mila nuove case Abu Dhabi United Group ha promosso anche la creazione di centri sanitari e scuole. Di queste la maggiore occupa un’area di circa 22 ettari, completamente bonificati e riqualificati.
Attualmente, poi, il City – che apre il proprio centro sportivo per 29 ore a settimana ai college locali e a gruppi sportivi di disabili – ha un piano di istruzione per i suoi giocatori.
Innanzitutto va detto che l’Academy è formata dal 34% di ragazzi che risiedono a Manchester, il 31% nel distretto della Greater Manchester (all’italiana: in provincia) e il 34% da stranieri.
Questo a testimonianza di un radicamento nel territorio, che spesso passa in secondo piano visto che a far notizia sono gli stranieri più promettenti che vengono ingaggiati.
In totale 450 ragazzi si allenano ogni settimana dall’under 6 alla formazione “Primavera” (in Inghilterra chiamata EDS, elite development system).
Di questi ragazzi un centinaio hanno la possibilità di studiare grazie al Manchester City e i loro risultati secondo gli ultimi esami sono stati positivi per il 73% dei casi con una media di 5 punti superiore a quella nazionale.
Insomma, a far parlare sono soprattutto gli stipendi dei calciatori, ma non sembra esserci dubbio sul fatto che, se esiste una piattaforma politico – amministrativa funzionale, e se l’investitore è animato da un interesse di lungo corso, il connubio può funzionare e portare opportunità non solo ai giocatori ingaggiati ma ad una intera comunità.