La morte di Di Stefano, la Saeta Rubia del Real Madrid

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imagesCon l’addio ad Alfredo Di Stefano il calcio perde la prima vera grande stella globale del mondo del pallone. Senza il supporto di televisioni e pubblicità il campione argentino, soprannominato ‘la Saeta Rubia, ‘la saetta bionda, è diventato un mito del pallone che ha travalicato i confini della Spagna dove ha giocato con il Real Madrid dal 1953 al 1964 realizzando 216 reti vincendo due palloni d’oro, 8 campionati e 5 Coppe dei campioni.

Il suo nome è brillato in ogni angolo del pianeta, come quelli di Pelé e Maradona con cui si gioca il titolo di miglior giocatore nella storia del calcio. «Di Stefano è stato il primo giocatore cinematografico che il calcio ha avuto. Prima di lui il pallone era fotografico. Era un rivoluzionario del pallone», sottolinea in una intervista l’argentino Jorge Valdano ricordando come sia stato un anticipatore del calcio universale di oggi.

L’esordio di Di Stefano, nato a Buenos Aires il 4 luglio 1926, è con la maglia del River Plate nel ’45. Nella stagione successiva passa all’Huracan per poi trasferirsi ai Millonarios in Colombia. Ed è una amichevole giocata nel ’52 contro il Real Madrid che permette all’attaccante di fare il salto di qualità. A colpire i dirigenti del Real il gioco a tutto campo della ‘saeta rubià. Quando passa nel ’53 ai ‘blancos’ il Real è a secco di vittorie in Liga da 21 anni. Con Di Stefano il Madrid prende il volo. Il grande rimpianto di Di Stefano restano i Mondiali, con l’Albiceleste gioca 6 partite segnando altrettante reti ma senza giocare la Coppa; dal ’57 al ’61 veste come oriundo la maglia della Spagna con cui colleziona 31 presenze e 28 gol ma senza giocare mai un match ai Mondiali. Il grande rimpianto è la Coppa del mondo del 1962 in Cile: «Certo che facevo parte dei 22 ma non ho giocato per una lesione alla colonna vertebrale», ricordava Di Stefano

L’addio nel 1964 al Real è un anticipo dell’addio al calcio, nonostante altre due incolori stagioni all‘Espanyol. Con i ‘blancos’ in totale Di Stefano vince 18 titoli. «La gente discute se il migliore sia stato Pelé o Maradona, per me è Di Stefano, il più completo. Maradona non faceva gol di testa, l’unico importante in realtà è stato realizzato di mano», spiega lo stesso Pelé.

Di Stefano era un leader in campo come davanti ai microfoni, le sue esternazioni non passavano mai inosservate: «Segnare è come fare l’amore, tutti il mondo sa come si fa ma nessuno lo fa come il sottoscritto», era una delle massime dell’argentino. Nonostante passi oltre metà della vita in Spagna il campione tiene sempre un legame con il suo Paese non perdendo la cadenza argentina. Figura discreta, Di Stefano nelle vesti di presidente onorario del club non diserta mai le presentazioni dei tanti campioni che sono passati al Real. I problemi al cuore del vecchio campione cominciano nel dicembre 2005 quando viene colpito da infarto, ad aprile dello scorso anno viene ricoverato per aritmia. L’attacco cardiaco di sabato è storia recente, un malore avvenuto per strada a Madrid, a 500 metri dallo stadio Santiago Bernabeu dove il nome di Di Stefano è diventato leggenda