Il governo britannico sta spingendo i leader europei per sostenere un nuovo piano di sicurezza energetico che vada ad alleviare la dipendenza europea dalla Russia da qui ai prossimi 25 anni, importando invece nuove fonti dagli USA, in particolare per lo shale gas, e dall’Iraq, per il gas naturale.
La proposta chiede anche di accelerare lo sviluppo di un nuovo percorso dell’oleodotto attraverso l’Azerbaijan e la Turchia che andrebbe a portare il gas verso l’Europa dal Mar Caspio evitando il passaggio proprio dal territorio russo.
“Le crisi in Ucraina nel 2006, nel 2009 e quella più recente hanno dimostrato come l’Europa non debba affidarsi ad un numero limitato di fonti di energia o comunque vulnerabili a pressioni esterne“, si legge nel documento, riferendosi alla corrente di stand- off della Russia. Nelle crisi precedenti, ad esempio, la statale Gazprom tagliò le forniture ai gasdotti ucraini come conseguenza del mancato pagamento da parte del governo di Kiev di alcuni prestiti.
Sebbene la maggior parte delle proposte contenute nel pre- summit “non- paper” siano state messe in discussione già prima, molte hanno languito fin dalla crisi del 2009 quando il blocco del gas subito dagli ucraini lasciò gran parte dell’Europa sud-orientale senza calore durante un inverno particolarmente freddo. Ora i diplomatici europei considerano le deliberazioni pre- vertice molto importanti per concentrarsi sulla sicurezza energetica e tali proposte verranno discusse nella mattinata di venerdì, dopo che probabilmente verranno decise le sanzioni nei confronti di Putin dopo il referendum che ha annesso la Crimea a Mosca. Sia la Svezia che la Danimarca hanno aderito alla proposta del Regno Unito in cerca di una nuova spinta da parte degli Stati Uniti che possa ridurre così la dipendenza dell’Europa dalla Russia; inoltre la Danimarca vuole che la Commissione Europea conduca uno studio approfondito sulla sicurezza energetica dell’UE entro i prossimi tre mesi.

La Premier ed i magnati dell’Est europeo
Il progetto proposto dalla Gran Bretagna sembra un pò il cane che si morde la coda dato che due dei quattro magnati più ricchi del calcio europeo sono ex sovietici e hanno tra le loro attività imprenditoriali proprio quella del gas. Alisher Usmanov, proprietario dell’Arsenal e quarto nella speciale classifica dei paperoni del pallone, è presidente della Gazprominvest, la holding di investimento controllata dalla società russa Gazprom, la maggior compagnia di estrazione di gas naturale al mondo, dove il suo ruolo è quello di gestire le sue “operazioni finanziarie più difficili e delicate”. Roman Abramovich, il miliardario proprietario del Chelsea Football Club, prima, nel 2002, ha venduto le sue quote di Sibneft per 13 miliardi di dollari per comprare il club calcistico londinese per 60 milioni di sterline, e poi ha investito 5 milioni di sterline in una piccola società di tecnologia del Regno Unito specializzata nel trasformare il gas naturale in carburanti liquidi sintetici, espandendo così la rete capillare del gas russo anche nei territori di Sua Maestà. Abramovich ha fatto la sua fortuna nell’industria petrolifera russa e ha recentemente fatto una serie di investimenti in tecnologie pulite, ad esempio, la sua Ervington Investments ha iniettato 8.67 milioni di sterline nella britannica AFC Energy, che è specializzata nella tecnologia delle celle a combustibile industriale ed inoltre ha investito nelle società Alter NRG e Waste2tricity, che trasformano la materia organica in gas di sintesi mediante tecnologie al plasma. Tutti attendono perciò le decisioni della UE nei confronti di Putin per capire se il gas naturale potrà ancora scorrere libero in tutta Europa e soprattutto nelle casse dei club più forti della Premier League.