Giocare a calcio in Italia costa: un mese di stipendio per un anno di pallone

Quanto costa giocare a calcio in Italia? Ogni anno sono tantissimi i piccoli atleti che si affacciano al mondo del calcio, sport nazionale per eccellenza che raccoglie una grande quantità…

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Quanto costa giocare a calcio in Italia? Ogni anno sono tantissimi i piccoli atleti che si affacciano al mondo del calcio, sport nazionale per eccellenza che raccoglie una grande quantità di società e di addetti ai lavori. Tra i tanti aspetti del pallone, uno di quelli che fa sempre discutere è sicuramente quello legato ai costi di iscrizione degli atleti che vogliono tesserarsi presso una qualsiasi società calcistica.

Quanto costa giocare a calcio in Italia – Non solo la retta

Come riporta il “Fatto Quotidiano”, tra rette annuali da 600 euro, scarpini e kit che comprende tuta, divisa da gioco e giaccone si può arrivare tranquillamente a sacrificare un mese di stipendio. Per non parlare poi di tornei e campionati vari, e del prezzo che gli stessi genitori sono costretti a sostenere per poter assistere alle gare dei figli.

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Quanto costa giocare a calcio in Italia – Cos’è cambiato negli anni

Per provare a capire come siano cambiate le cose negli anni, il “Fatto Quotidiano” ha chiesto a Paolo, giovane allenatore di una grossa società calcistica romana: «Venti anni fa nel settore agonistico non si pagava, le Federazioni davano più fondi. Oggi invece non solo questi fondi non ci sono, ma aumentano i costi di iscrizione ai campionati e quelli di gestione delle strutture, basti pensare che fare un campo di calcio regolamentare costa circa 130.000 euro. E nessuno aiuto viene dalla politica, né tantomeno dai Comuni, tranne rari casi e in genere sempre per l’organizzazione di manifestazioni. Così i costi si riversano sulle famiglie».

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Il nuovo pallone Serie A firmato Nike (Foto Andrea Staccioli / Insidefoto)

Quanto costa giocare a calcio in Italia – Esclusi dallo sport i bambini poveri o a rischio povertà

Nonostante le agevolazioni a livello fiscale, le Asd, Associazioni sportive dilettantistiche, vivono in una situazione di grande sofferenza, specie nel garantire il settore agonistico, il più costoso. Un problema è anche il ruolo del Coni, che ha annunciato fin da subito un controllo sui costi e sugli sprechi. I fondi dello Stato – 440 milioni – finiscono quasi tutti negli stipendi e poi alle 42 Federazioni. Tuttavia, alle singole società ovviamente arrivano le briciole, così oggi, dallo sport, divenuto un’opzione per soli ricchi, restano fuori i bambini poveri o a rischio povertà (1 su 3 secondo l’ultimo il rapporto di Save The Children).

«Noi abbiamo provato per due anni ad allenare gratis bambini con disagi familiari o senza soldi – ha spiegato ancora Paolo – ma alla fine, senza aiuti, ci siamo arresi. La Federazione è presente solo quando esige il pagamento del cartellino, una follia di 23 euro a bambino: consideri che solo a Roma ci sono tra i 50.000 e i 60.000 bambini iscritti, si tratta di oltre un milione di euro».