Il procuratore Greco: «Nessun procedimento penale sulla vendita del Milan»

La Procura di Milano ha smentito di aver avviato un’inchiesta penale in relazione alla vendita del Milan all’imprenditore cinese Yonghong Li.

«Non c’è nessun fascicolo di indagine per sospetto riciclaggio», ha…

Silvio Berlusconi (Insidefoto)

La Procura di Milano ha smentito di aver avviato un’inchiesta penale in relazione alla vendita del Milan all’imprenditore cinese Yonghong Li.

«Non c’è nessun fascicolo di indagine per sospetto riciclaggio», ha affermato il procuratore capo, Francesco Greco, che ha parlato ai giornalisti nel suo ufficio in Procura,
«nemmeno un fascicolo conoscitivo, a modello 25, né con ipotesi di reato senza indagati. La notizia che si è diffusa ieri in serata di Silvio Berlusconi indagato è assolutamente falsa».

Greco ha preso posizione dopo che il quotidiano La Stampa ha scritto nell’edizione odierna che la Procura di Milano avrebbe aperto un’inchiesta sulla vendita del Milan dalla Fininvest della famiglia Berlusconi all’uomo d’affari cinese Yonghong Li, con l’ipotesi di riciclaggio.

Secondo quanto riportato dall’agenzia AGI, il procuratore di Milano Francesco Greco ha precisato che l’avvocato di Silvio Berlusconi, Niccolò Ghedini, «veniva spesso nel mio ufficio durante la trattativa per la vendita del Milan per dirmi che stavano analizzando questa operazione».

«A un certo punto, volevano fare una segnalazione anche loro, potevano anche essere parti offese se i soldi non arrivavano», ha spiegato il magistrato, «erano preoccupati, era il periodo in cui tutti i giornali parlavano di questa vicenda».

Per operazioni «non del tutto chiare» come questa, ha aggiunto Greco, «gli intermediari finanziari hanno l’obbligo di identificazione dei soggetti e se non è chiaro segnalano all’Uif (Ufficio Informazione Finanziaria di Bankitalia, ndr) e ci chiedono di intervenire col cosiddetto ‘freezing’, il blocco dei soldi. In questo caso nessuno ci ha chiesto niente».

«Allo stato non abbiamo fatto nessuna richiesta all’Uif di documenti. Se gli atti arrivano, vedremo», ha però precisato il procuratore capo di Milano.

La Stampa ribadisce quanto scritto: «fatti controlli, notizia confermata da due fonti»

“La Stampa” conferma quanto scritto sulla vendita del Milan. Il quotidiano di Torino ha diffuso al riguardo questa nota della Direzione: “Il quotidiano la Stampa, in merito alla vicenda della vendita del Milan, ribadisce di aver svolto opportuni controlli circa l’esistenza di un’indagine sull’operazione, di cui è venuta a conoscenza da due fonti distinte, e pertanto conferma quanto scritto”.

Ghedini: «da La Stampa un’aggressione, reagiremo»

«Ancora una volta un giornale con una precisa connotazione politica e imprenditoriale aggredisce il presidente Berlusconi con una notizia totalmente inventata».

E’ l’accusa lanciata in una nota dall’avvocato di Silvio Berlusconi, Niccolo Ghedini, in merito alla presunta apertura di un’inchiesta sulla vendita del Milan di cui ha scritto La Stampa.

«Il giornalismo d’inchiesta è uno straordinario valore che va tutelato e incentivato perché è uno dei cardini, oltre che salvaguardia, di un sistema democratico. Quando però si utilizzano false notizie non già per informare ma per aggredire e danneggiare una parte politica durante una delicata campagna elettorale, non si tratta più di giornalismo ma di fatti penalmente, civilmente e ancor prima deontologicamente rilevanti”.

«E cio’ che e’ ancor piu’ grave», ha aggiunto, «e’ rappresentato dal fatto che nella serata di ieri eravamo stati avvisati che la notizia, falsa, sarebbe stata pubblicata sul quotidiano La Stampa. Immediatamente avvertimmo il direttore del quotidiano e uno dei giornalisti della totale infondatezza, inverosimiglianza e falsità dell’assunto. Nonostante ciò la pubblicazione è avvenuta”.

Per Ghedini, «la netta e chiara smentita dell’esistenza di qualsiasi indagine, in particolare ni confronti del presidente Berlusconi, da parte della Procura della Repubblica di Milano, che ringrazio per la tempestivita’ della comunicazione in merito, non fa che confermare la già palese falsità della notizia. E’ evidente dunque la pervicace volontà diffamatoria che non può che avere ragioni correlate all’intenzione di interferire nell’imminente competizione elettorale. Saranno ovviamente esperite tutte le azioni del caso».