Statuto Serie A, club ancora divisi: si temono ribaltoni nell'assemblea del 16

Statuto Serie A – In attesa che si definisca il quadro sulla vendita all’estero dei diritti tv del campionato per il triennio 2018-2021 (oggi è in agenda un’assemblea di Lega…

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Statuto Serie A – In attesa che si definisca il quadro sulla vendita all’estero dei diritti tv del campionato per il triennio 2018-2021 (oggi è in agenda un’assemblea di Lega proprio per fare il punto sulla questione), cresce l’attesa per l’approvazione del nuovo statuto della Serie A.

l commissario straordinario della Serie A, il presidente della Figc, Carlo Tavecchio, ha convocato un’altra assemblea di Lega per martedì 16 ottobre con all’ordine del giorno proprio l’approvazione della nuova governance, le cui linee guida sono state approvate dall’assemblea lo scorso 6 settembre.

Carlo Tavecchio (Insidefoto.com)
Carlo Tavecchio (Insidefoto.com)

Apparentemente, dunque, il semaforo verde al nuovo statuto sembrerebbe scontato, considerato che a settembre la delibera contenente le linee guida della nuova governance è stata approvata all’unanimità dai 18 club che avevano preso parte al voto (i rappresentanti di Chievo e Crotone avevano lasciato l’assemblea prima della decisione).

Tuttavia i giochi sarebbero tutt’altro che chiusi. Per capire il perché bisogna fare un passo indietro e tornare all’assemblea del 6 settembre. Un’assemblea infuocata chiusasi, dopo 6 ore di acceso confronto, con un compromesso tra le due linee contrapposte emerse nel corso dei lavori assembleari.

Claudio Lotito e Andrea Agnelli (Insidefoto.com)
Claudio Lotito e Andrea Agnelli (Insidefoto.com)

Da una parte il presidente della Lazio, Claudio Lotito, supportato dal presidente della Juventus, Andrea Agnelli, dall’amministratore delegato del Milan, Marco Fassone, e dai club più piccoli, che puntava ad uscire subito dal commissariamento, eleggendo con le regole attualmente in vigore un nuovo presidente, individuato nell’attuale direttore generale, Marco Brunelli, e procedere successivamente alla riforma della governance secondo il seguente schema:

  • Un consiglio di amministrazione composto da 9 amministratori, di cui:
  • 3 indipendenti (presidente, amministratore delegato e direttore generale);
  • 4 individuati tra i presidenti dei club;
  • 2 consiglieri federali;
  • Tutti i 9 consiglieri con diritto di voto.

Dall’altro il commissario Tavecchio e i suoi due vice (Michele Uva e Paolo Nicoletti) che si erano presentati con una bozza di riforma, improntata a una maggiore indipendenza del consiglio di amministrazione rispetto all’assemblea, su cui si era coagulato il consenso di altri club come Inter, Roma e Fiorentina, ma anche Torino, Bologna, Sampdoria e Cagliari. Una minoranza di blocco (per approvare la delibera serviva il voto  favorevole di 14 club) che ha impedito al presidente della Lazio e ai suoi alleati di raggiungere l’obiettivo che si erano prefissi.

Il presidente di RCS MediaGroup e del Torino, Urbano Cairo (Insidefoto.com)
Il presidente di RCS MediaGroup e del Torino, Urbano Cairo (Insidefoto.com)

E così, grazie anche alla mediazione del presidente del Torino, Urbano Cairo, si è arrivati alla soluzione votata all’unanimità dei presenti.

Ma che cosa prevede la delibera votata dall’assemblea il 6 settembre?

In tema di governance i club si sono accordati su un consiglio di amministrazione formato non da 9 ma 7 amministratori: 3 figure indipendenti (presidente, amministratore delegato e direttore generale) e 4 espressione dei club (due di loro potranno ricoprire la carica di consigliere federale; nel caso la scelta ricada su altre figure, i designati non avranno diritto di voto nel consiglio di Lega).

Nella delibera, proprio in virtù del compromesso raggiunto, sono state inserite alcune delle richieste avanzate da Lotito e dai piccoli club (paracadute per chi retrocede bloccato a 60 milioni, parziale modifica dei criteri di ripartizione dei dirtitti tv verso una linea più meritocratica).

Tuttavia la delibera del 6 settembre, trattandosi di linee guida e non ancora di uno statuto organico, lascerebbe spazio a più interpretazioni. In particolare sui diritti di voto dei 2 consiglieri federali presenti nel futuro cda della Lega di Serie A e sui poteri dell’amministratore delegato.

Il presidente della Roma, James Pallotta (Insidefoto.com)
Il presidente della Roma, James Pallotta (Insidefoto.com)

Il primo punto, in particolare, è dirimente. Se infatti i due consiglieri federali espressione dei club avessero diritto di voto, i 3 consiglieri indipendenti sarebbero di fatto in minoranza in un consiglio formato da 7 amministratori, lasciando così il board nelle mani degli amministratori espressione diretta dei club.

Ma non meno importante è anche il punto che riguarda i poteri dell’amministratore delegato, specie in materia di diritti televisivi e della possibilità per l’ad di scegliere l’eventuale advisor che dovrà supportarlo nella commercializzazione dei diritti stessi.

I due schieramenti emersi nel corso dell’assemblea del 6 settembre potrebbero dunque nuovamente trovarsi contrapposti anche in occasione dell’assemblea del 16 ottobre. E in mancanza di un accordo non sono esclusi clamorosi colpi di scena.

Nel caso in cui in fase di approvazione la riforma dovesse venire annacquata, lasciando sostanzialmente le cose come stanno ora, alcuni club sarebbero pronti ad abbandonare i lavori, aprendo così una fase di stallo dalla quale si potrebbe uscire solo attraverso una riforma complessiva del sistema calcio in Italia ad opera del governo.

Luca Lotti, in azione con la maglia della nazionale parlamentari (Insidefoto)

Secondo quanto appreso, nel caso in cui l’assemblea del 16 dovesse chiudersi senza un accordo sulla nuova governance, il ministro dello Sport, Luca Lotti, che sta seguendo con estrema attenzione quello che sta accadendo in Lega, sarebbe nelle condizioni di procedere subito a una riforma complessiva del sistema in cui la governance delle leghe sarebbe solo uno dei punti ma che riguarderebbe anche le regole sui diritti tv, stadi e lotta alla contraffazione del merchandising.