Udinese, Granada, Watford: come funziona il modello Pozzo

Giampaolo Pozzo è noto per essere lo storico proprietario dell’Udinese Calcio (acquistata nel lontano 1986). Egli però nel suo portafoglio di attività detiene anche il controllo anche della squadra spagnola.

terza maglia inter 2015 2016

Giampaolo Pozzo è noto per essere lo storico proprietario dell’Udinese Calcio (acquistata nel lontano 1986). Egli però nel suo portafoglio di attività detiene anche il controllo anche della squadra spagnola del Granada Club de Fútbol (acquistata nel 2009, dopo aver provato invano l’acquisizione dell’Espanyol) e quella inglese del Watford Football Club (acquistata nel 2012).

A suo modo detiene un record unico in Europa: avere la proprietà di tre differenti squadre militanti in tre differenti massime serie nazionali. L’Udinese si è negli ultimi anni affermata in modo rilevante in Italia, arrivando, attraverso la guida sapiente di mister Francesco Guidolin, per ben due volte ai preliminari di Champions. Il Granada invece è stato acquistato quando militava nella Tercera Division e attraverso una serie di due promozioni consecutive è approdato nella Liga Spagnola nella stagione 2011/2012. Ultimo gioiello della collezione è il Watford, società del nord-ovest di Londra, acquistata nel 2012 e neopromossa in Premier League.

Udinese, Granada, Watford: come funziona il modello Pozzo

Il modello di business da sempre utilizzato da Pozzo e dai suoi collaboratori è stato improntato sulla valorizzazione e la vendita in plusvalenza di giovani calciatori. Attraverso un’eccellente rete di osservatori, la società friulana è riuscita a lanciare nel calcio che conta alcuni giocatori spesso sconosciuti che poi hanno saputo affermarsi a livello internazionale.

Nella tabella sono elencate le operazioni di mercato più redditizie nella storia friulana:

Il business model dei club di Pozzo - Le principali operazioni di mercato realizzate dall'Udinese
Il business model dei club di Pozzo – Le principali operazioni di mercato realizzate dall’Udinese

Ovviamente alla base di questo articolato sistema ci sono:

  1. Un’eccezionale capacità di saper scegliere giovani prospetti (osservatori);
  2. Abilità nel formare/plasmare/sviluppare le qualità dei calciatori (allenatore), garantendo loro adeguato minutaggio e una dimensione più congeniale alle caratteristiche (da qui i frequenti scambi Udinese-Granada-Watford);
  3. Perizia nel saper interagire col mercato, riuscendo a vendere (dismettere l’investimento) al momento opportuno (dirigenza).

In una piazza senza pressioni particolari, si è sempre avuta inoltre la possibilità di lavorare in serenità senza un eccessivo focus sul risultato immediato: in questo modo i tanti giovani hanno potuto “farsi le ossa” senza essere necessariamente bruciati dalle aspettative sul loro conto.

Come si evince dalla tabella sottostante, nel corso degli anni la differenza tra acquisti e cessioni è sempre stata sbilanciata a favore delle cessioni, che hanno saputo rendere remunerativo un tipo di business come quello del calcio, per definizione, in perdita.

Il business model dei club della famiglia Pozzo - Udinese, Watford e Granada saldo calciomercato
Il business model dei club della famiglia Pozzo – Udinese, Watford e Granada saldo calciomercato

Udinese, Granada, Watford: l’eccezione del club inglese

L’eccezione è costituita, come emerge chiaramente dal dato in rosso, dal Watford. Il club inglese, neopromosso in Premier League, ha infatti ribaltato questo “sistema copernicano” che ha sempre regolato il modo di lavorare in terra friulana. O meglio, la ripartizione dei ricavi televisivi garantita ai club militanti nella massima serie inglese ha convinto la famiglia a investire per poter mantenere la categoria. Infatti la ripartizione dei proventi, divisi secondo un rapporto 1,53:1 tra la prima e l’ultima squadra, evita uno squilibrio tra i ricavi delle potenze della Premier e quelli delle squadre di bassa classifica. Cosa significa questo? Che citando il caso della passata stagione se il Chelsea arriva ad avere introiti tv per 140 milioni di Euro, l’ultima della classifica, il QPR, riesce ad incassare la formidabile cifra di 91 milioni di Euro. E in virtù del nuovo contratto per il triennio 2016-2019 questa cifra è solo che destinata ad aumentare.

Se a questo sommiamo i ricavi da stadio, quelli da sponsor, quelli legati al merchandising e alla visibilità mondiale che la società può avere semplicemente giocando una partita contro un Manchester United o un Arsenal capiamo di quanto sia stata corretta anche questa decisione da parte della famiglia Pozzo. In sostanza il Watford possiede una “cilindrata” maggiore rispetto ad Udinese e Granada: diventa necessario rifornirlo con la benzina adatta per sfruttare al meglio le sue prestazioni.

Come effettuare degli investimenti importanti in un mercato dove non c’è penetrazione può consentire ad un’azienda di moltiplicare i propri ricavi, investire in maniera ingente per poter confermare la categoria si è rivelato necessario per il patron dell’Udinese. Se non si fosse investito in maniera importante, non attrezzando la squadra al salto di categoria, è vero che in virtù dei bassi costi di gestione e degli alti ricavi questa stagione sarebbe stata molto redditizia, però si sarebbe quasi sicuramente conclusa con una retrocessione immediata nella categoria inferiore e la conseguente perdita di quel tesoretto che le televisioni garantiscono. Infatti le neopromosse immediatamente retrocesse nella seconda serie del calcio inglese, a partire dalla stagione 2016/17, perderanno i benefici del primo anno dei cosiddetti parachute payments, che permetteva un graduale step back ai ricavi tv garantiti ai club di Championship.

Ecco perché la famiglia Pozzo, da sempre ritenente la gestione di una società di calcio equiparabile alla gestione di un’azienda, non ha lesinato negli investimenti estivi per il Watford. Se Udinese e Granada hanno chiuso ancora la campagna acquisti con un saldo positivo tra entrate e uscite, il club britannico non ha invece badato a spese: 48 milioni investiti per l’acquisto di nuovi calciatori che possano permettere alla squadra una comoda salvezza.

Se da un lato basse spese per l’acquisto di giocatori permette di effettuare plusvalenze che coprono costi di gestione e rendono sostenibile il business nell’Udinese, dall’altro ingenti spese per il calciomercato permettono l’allestimento di una squadra competitiva capace di lottare per la permanenza in Premier League e di attingere al Santo Graal dei diritti tv per sostenere la gestione. 

Due modi diversi di fare business, ma, al momento, due modi vincenti.