Malavè, Mercury/13: «Il calcio femminile è un gigante dormiente in Italia. Lo porteremo in alto»

Gli obiettivi e le prospettive del fondo americano, specializzato nell’acquisizione di club esclusivamente femminili. Ecco la strategia dei prossimi investimenti, con l’Italia in primo piano.

Mario Malave, co-ceo Mercury13
INTERVISTA
Mario Malave, ceo Mercury13 (Image credit: Mercury/13)

Rilevare la proprietà di un solo club per Paese, in stile 777 Partners e Citizen Football Group. La prospettiva di un investimento importante in Italia, con novità a breve. Mario Malavè, trentunenne co-ceo di Mercury/13, si racconta a Calcio e Finanza, descrivendo le strategie e i prossimi passi del fondo americano per entrare nel mercato europeo.

Reduce dalla trattativa sfumata con il Lewes FC, club femminile militante nella seconda divisione inglese, Mercury/13 è in fase di valutazione del target. Il calcio italiano attrae particolarmente, per la cultura sportiva e le grandi potenzialità inespresse che lo contraddistinguono. La conferma arriva direttamente dallo stesso Malavè, ex allievo di Harvard e Forbes Under 30.

Mercury/13 ha raccolto 100 milioni di dollari da investire nel calcio femminile. Una cifra importante per un movimento ancora inespresso, particolarmente in Italia. C’è nei vostri desiderata l’acquisizione di un club italiano?

L’Italia è assolutamente parte dei nostri piani. Io penso che il calcio femminile sia come una startup che cresce molto velocemente, nonostante le piccole dimensioni. È un mercato molto dinamico. Al momento la competizione principale è la Premier League inglese, poi la Liga F spagnola e, poi, le altre. Il calcio femminile in Italia è come un “gigante dormiente”: la massima serie ha dieci squadre con brand importantissimi come Juve, Inter, Milan, Fiorentina e Roma per citarne alcuni. Sicuramente è una delle nostre priorità investire in un mercato con così tanto potenziale.

Avete già provato ad acquistare un club europeo. Si trattava del Lewes FC, squadra femminile militante nella seconda divisione inglese. Trattative sfociate, poi, in un nulla di fatto. Cosa può dire su questa vicenda?

È normale dire “no” se operi da fondo d’investimento. Ha avuto molta attenzione mediatica e tante speculazioni. Non abbiamo trovato un accordo dopo tutte le fasi preliminari, compresa la due diligence. I rapporti sono, comunque, ottimi poiché i modi sono stati quelli giusti. Lewes FC è un club pioniere nella gender-equality ma il business plan per entrambi era troppo differente.

Il calcio femminile italiano presenta un gap importante con i club più importanti in Europa. Come evidenzia il report di Deloitte “Football Money League 2024”, l’unica squadra italiana presente nella top 15 per ricavi è la Juventus Women, all’ultimo posto con 1.2 milioni di euro annui. Al primo posto c’è il Barcellona Femeni, forte di entrate pari a 13.4 milioni di euro. Quali sono i driver di questo gap?

Il Barcellona è stata una delle prime squadre che hanno creduto nel movimento femminile, investendo ingentemente fin da subito e potuto contare su due Palloni d’Oro (ndr: Alexia e Aitana). Non è sorprendente il loro primato. I club italiani, in particolare Juventus e Roma, possono compiere questa scalata, non prima di qualche anno però. È importante che questi club capiscano che l’investimento nel calcio femminile non porta frutti ora ma nel medio lungo termine: quello che noi chiamiamo “innovator dilemma”. I club pensano ancora troppo al maschile, che ha dinamiche economiche completamente diverse dal femminile. La Fiorentina sta facendo grandi investimenti, come il Viola Park dove giocherà la selezione femminile.

Da un punto di vista prettamente operativo, come si investe in un club femminile? Mercury/13 punta a club esclusivamente femminili o società che dispongono anche della squadra maschile?

La verità è che li consideriamo entrambi, non abbiamo preferenze. La targhettizzazione del club avviene così: prima mappiamo a livello geografico e poi ci addentriamo nell’analisi delle squadre presenti nelle top 3 divisioni. Non c’è giusto o sbagliato. I vantaggi di investire in un club esclusivamente femminile risiedono nell’impatto che puoi dare al brand e alla storia del club, puntando a esaltare l’atleta donna. Penso al Pomigliano, per esempio. I club, invece, aventi anche la squadra maschile sono più strutturati e dispongono di infrastrutture degne di nota. Penso al Milan, con il centro sportivo di Milanello. I problemi che riscontro sono che sarai sempre considerato il numero due dai tifosi, con tutte le loro attenzioni sui risultati della maschile. Anche dal punto di organizzazione interna del club, i dipendenti saranno focalizzati sempre sugli uomini, per tutto il business che c’è alle spalle. Altra difficoltà, in queste società, è il rilevare il 100% delle quote del femminile. C’è resistenza, al massimo si stringe un accordo stile partnership o joint venture. Al momento siamo in due diligence con club di entrambe le strutture: a breve termine puntiamo ad annunciare un’acquisizione.

Spostandosi sul lato finanziario, quali sono i KPIs che Mercury/13 si è prefissata di raggiungere? E quanto pensa sia il corretto orizzonte temporale di un fondo, al comando di un club?

Un chiarimento, prima di tutto. Non ci consideriamo un fondo dal punto di vista strategico. Riteniamo che il calcio femminile stia, solamente ora, diventando un business importante. Per cui non vogliamo disinvestire nel breve termine ma stiamo ragionando su investimenti di medio-lungo termine. Da persona di business dico che il KPI principale è la crescita dei ricavi, in particolare quelli commerciali. Ci sono opportunità dal punto di vista di sponsorizzazioni, con brand e sponsor che vogliono, ad esempio, sposare la causa del gender-equality attraverso il calcio femminile. Altro punto fondamentale è la nostra strategia di rinvestire i ricavi nella parte sportiva: non siamo nel business dei dividendi, bensì vogliamo migliorare lo staff tecnico reinvestendo le entrate che otterremo.

Una riflessione sul contesto internazionale. Ha lavorato per anni in America e conosce bene quanto il movimento femminile abbia radici profonde. Cosa si può fare in Italia per ridurre il gap e quanto può essere l’orizzonte temporale?

Vogliamo essere dei catalizzatori di questa crescita. Prima di tutto ci deve essere uno shift dal punto di vista culturale. In America è normale assistere ad una partita di calcio femminile con uno stadio pieno di donne. In Europa questo scenario è ancora lontano. Ma pensiamo possa accadere: per questo vogliamo investire nel Vecchio Continente. È necessario aumentare la portata economica del movimento femminile europeo, per migliorare lo spettacolo in campo e fuori. Come accade, già, in America: in un arco temporale di venti anni, secondo me, è possibile. Ogni stakeholder deve fare la propria parte: dai proprietari alle giocatrici, fino ad arrivare a media e tifosi.

Ultimo spunto riguardante l’assetto di governance di Mercury/13. Da poco è stato annunciato come co-ceo e lavorerà a stretto contatto con Victoire Cogevina Reynal. Cosa significa avere una modello di leadership complementare, in un fondo come il vostro?

È sicuramente un qualcosa di non comune. Necessità di tanto lavoro e allineamento di vedute, caratteristiche presenti nel rapporto con Victoire. È fondamentale la suddivisione dei compiti e delle aree di lavoro, come abbiamo strutturato in Mercury/13: io mi occuperò degli investimenti, Victoire penserà alla parte commerciale. Siamo inseriti nella funzione aziendale in cui abbiamo sempre lavorato e dove siamo specializzati: i presupposti giusti per lavorare al meglio.