L’Italia è riuscita a strappare il pass per gli Europei 2024 in Germania grazie al pareggio all’ultima partita, dove non sono mancate le polemiche, contro l’Ucraina. Obiettivo minimo per la nuova gestione Spalletti, con grande sospiro di sollievo anche per il presidente della FIGC Gabriele Gravina, che ha dovuto affrontare la decisione di Roberto Mancini di lasciare la panchina azzurra per allenare la nazionale dell’Arabia Saudita.
Un’altra vittoria per il calcio italiano è arrivata anche fuori dal campo ed è rappresentata dall’assegnazione dalla UEFA al nostro Paese dell’Europeo 2032 insieme alla Turchia. «Innanzitutto sono partito dalla non condivisione di un accordo con Egitto e Arabia Saudita, con cui saremmo stati sudditi e non avremmo potuto competere – racconta il presidente Gravina in una lunga intervista al quotidiano Avvenire -. Avremmo sicuramente avuto grossi vantaggi economici e di relazioni internazionali, ma i “muscoli” degli arabi sono essenzialmente i soldi, e noi saremmo usciti pesantemente sconfitti nel confronto finanziario e specialmente sotto il profilo valoriale».
«Le ragioni dell’accordo per Euro 2032 sono essenzialmente tre – continua il numero uno della FIGC -: la Turchia ha rapporti di dialogo all’interno della Nato e buoni rapporti bilaterali con l’Italia, non esistono problemi diplomatici e casi tipo Zaki e Regeni, e poi l’accordo si basa su una gestione autonoma e parallela. E quest’ultimo punto vi prego di tenerlo a mente: organizzeremo al meglio la nostra metà di Europeo e i turchi la loro, con un vantaggio finale considerevole per il nostro Paese che fra otto anni sarà un Paese diverso e migliore. E lo stesso sono convinto sarà anche per la Turchia».
Un punto fondamentale per l’organizzazione dell’Europeo sono gli stadi, vero flagello del sistema calcio italiano quando si parla di svolgere dei lavori di ristrutturazione o di costruirne dei nuovi. Su questo argomento è intervenuto a gamba tesa l’amministratore delegato della Serie A, Luigi De Siervo, paventando il rischio di una revoca della rassegna continentale se non si registreranno grosse novità a breve sull’argomento stadi, che necessita più che mai l’intervento del Governo.
Gravina a questo proposito ha dichiarato: «Io capisco cosa intende dire De Siervo, ma la realtà dei fatti è un’altra. Tutti pensano che la FIGC con EURO 2032 diventerà l’azienda costruttrice degli stadi, ma non è così. Noi abbiamo solo offerto l’opportunità di realizzare strutture e infrastrutture per quell’evento, certo parleremo con i sindaci e dialogheremo con il governo per sburocratizzare le attività imprenditoriali, ma non siamo noi i costruttori. Noi, come Federazione del Paese che si è proposto per organizzare gli Europei di calcio, entro ottobre 2023 dovevamo indicare le 10 città e non eravamo in grado di fornire altro che le foto dei progetti degli stadi da realizzare. Oggi però abbiamo la possibilità di indicare entro l’1 ottobre 2026 le cinque sedi di Euro 2032 e a marzo 2027 di cantierare quei progetti. E questa scusatemi, ma è un’opportunità storica che ci siamo conquistati davvero sul campo».
Alla fine del procedimento di scelta saranno selezionate solo cinque città italiane che ospiteranno l’Europeo (alla Turchia le altre cinque sedi): «Esaurire EURO 2032 con cinque città sarebbe una sconfitta. Tre sedi, Milano, Torino e Roma sono già a posto, ma tutti sanno che Firenze sta partendo, Bari e Napoli sono interessate, Cagliari e Bologna sono due realtà molto avanti. Questi Europei devono funzionare da “elettrochoc nazionale”. Cinque saranno le sedi, ma il traino prevede scenari futuri con una Serie A che nel 2032 potrebbe contare su almeno 10 stadi di proprietà e allora sarebbe davvero un’altra Italia».
Ma se per gli stadi è richiesto un appoggio dallo Stato, su una gestione più oculata delle spese da parte delle società italiane, la FIGC già sta lavorando: «Un nostro mantra è: aumentare il valore di produzione e tenere i costi sotto controllo. Vero che il PIL è cresciuto del 2%, ma la crescita va sempre messa in relazione con i costi, i quali se aumentano a dismisura ogni stagione questi sul lungo periodo, mineranno in maniera irreversibile l’intero sistema calcio. Occorre quindi uno sviluppo sostenibile: crescita sì, ma costi sotto controllo. Il 20 dicembre approveremo le licenze nazionali per consentire alle società di spendere quello che possono. Fare il passo secondo la gamba vuol dire creare quelle imprescindibili condizioni di equa competizione che al momento non ci sono».
Negli ultimi mesi il calcio italiano è stato travolto dal caso scommesse, meno sconvolgente rispetto ai precedenti, ma comunque impattante anche sull’opinione pubblica generale: «Stiamo affrontando un percorso di recupero che serve anche a quei giovani calciatori professionisti (i casi più eclatanti conducono a Tonali e Fagioli, ndr) affetti da ludopatia e denunciati dalle procure per le scommesse illecite online. Stiamo parlando di una piaga sociale che riguarda circa 2 milioni di italiani ludopatici e noi abbiamo registrato qualche caso su una popolazione di 1 milione e 400mila tesserati. Sono ragazzi fragili che hanno ceduto alle loro debolezze, per i quali essere stati beccati alla fine è stata un po’ una liberazione. Ora vanno assolutamente recuperati. Fagioli al momento sta seguendo la fase di recupero psicologico, poi da gennaio sarà a disposizione della FIGC per proseguire il suo percorso che prevede incontri nelle scuole calcio e in quei luoghi in cui la sua testimonianza potrà essere molto utile a tanti coetanei».
Gravina conclude la sua lunga intervista ripercorrendo la scelta di affidare la Nazionale a Luciano Spalletti e tutte le alternative che gli si sono presentate prima di ufficializzare il suo arrivo: «C’erano diverse ipotesi, a partire da Antonio Conte. Claudio Ranieri mi ha scritto un bellissimo messaggio. Tutti sanno che io adoro lo “stile” Ranieri, tecnico eccellente, uomo paterno, carismatico e coinvolgente, ma aveva un impegno con il Cagliari. Ma visto che si era liberato il tecnico campione d’Italia quale prospettiva migliore se non lui? Luciano Spalletti è un grande motivatore, uno che ama il “bel calcio” che è quello che gli italiani vogliono. E poi mi hanno sorpreso due aspetti che comunque sospettavo: la grande umanità che abbiamo visto anche nella festa annuale che organizza a Montaione in memoria del fratello scomparso e poi la sua totale dedizione al lavoro, quasi maniacale, di chi interpreta il ruolo del ct come quello dell’allenatore di club. I ragazzi della Nazionale se lo vedono arrivare agli allenamenti nelle loro squadre e con un app li segue a distanza dandogli consigli e indicazioni utili per farsi trovare sempre pronti ad ogni convocazione».