L’ufficialità della candidatura congiunta di Italia e Turchia per gli Europei 2032 ha aperto un nuovo fronte sul tema dell’organizzazione delle grandi competizioni calcistiche. Le due federazioni hanno fatto sapere che, in caso di vittoria, organizzerebbero una competizione perfettamente divisa fra i due paesi che non sono confinanti. Inoltre sarebbe il primo Europeo a giocarsi parzialmente in un paese asiatico, a livello geografico.
Al momento Italia-Turchia è l’unica candidatura arrivata alla UEFA per il torneo continentale del 2032. Il massimo organo calcistico europeo ha già assegnato l’organizzazione dei prossimi due Europei: quello in Germania dell’anno prossimo e nel Regno Unito (Inghilterra, Irlanda del Nord, Scozia e Galles) con l’Irlanda nel 2028. Per la decisione su chi sarà a ospitare la rassegna del 2032 ci vuole ancora del tempo.
Certamente, l’organizzazione divisa fra più paesi sta diventando sempre più una costante per gli Europei che nelle scorse edizioni, tralasciando quello del 2020 (giocato nel 2021 per il Covid e vinto dall’Italia) di carattere itinerante fra 11 paesi su idea dell’ex numero uno della UEFA Michel Platini, ha visto solo altre tre rassegne su un totale 15, escludendo quello del 2020 appunto. Gli unici esempi di doppio paese ospitante sono nel 2000, il primo, con Belgio e Paesi Bassi, e due di fila fra il 2008 e 2012 con Austria-Svizzera e Polonia-Ucraina. Paesi sempre confinati, al contrario di Italia e Turchia.
Allargando il campo di analisi anche al Mondiale, anche la competizione iridata sta per intraprendere la strada della cooperazione fra più paesi. Nei 22 precedenti, contando dal primo in Uruguay nel 1930 all’ultimo disputato nel 2022 in Qatar (primo giocato in inverno), solamente in un caso, nel 2002, si giocò una Coppa del Mondo divisa fra due paesi che furono Giappone e Corea del Sud, non confinati direttamente, ma divisi da una sottile striscia di mare.
Ma ecco che anche la FIFA sta sempre più affrontando candidature composte da più paesi e si appresta a vivere il Mondiale del 2026 diviso fra ben tre nazioni ospitanti: Stati Uniti, Messico e Canada. E sembra proprio che anche i tornei che si susseguiranno in futuro saranno divise fra più paesi.
Per il 2030 alla FIFA sono arrivate diverse candidature e sul tavolo ne sono rimaste due. Quella composta da Spagna, Portogallo e Ucraina (ancora una volta un dossier che vede paesi non confinanti tra loro) e quella molto più frammentata dei paesi del Sud America che comprende: Argentina, Cile, Paraguay e Uruguay. Si è ritirata invece quella portata avanti da Arabia Saudita, Grecia ed Egitto, ma con i tre paesi che si sono detti pronti a riprovarci per l’edizione del 2034.
Quest’ultima rappresenta un altro unicum. Infatti, si svolgerebbe fra tre paesi, non solo non confinati, ma in tre continenti diversi. Un Mondiale praticamente itinerante fra Europa, Asia e Africa. Ma per il 2034 ci sono altre candidature come quelle della Cina (si torna a un modello di singolo paese ospitante con la Coppa del Mondo che tornerebbe in Estremo Oriente dopo il 2002) e quella rappresentata dal Sud Est Asiatico, che è ancora più frammentata del Sud America. Infatti questa prevederebbe che a ospitare il Mondiale 2034 sarebbero ben 10 paesi, che sono: Thailandia, Brunei, Cambogia, Singapore, Filippine, Indonesia, Laos, Malaysia, Mianmar e Vietnam.
Il calcio si è globalizzato, e con le rassegne per le nazionali ogni quattro anni ormai ci siamo anche abituati e il Qatar ha rappresentato, come detto, l’esordio del Mondiale in inverno. Ma quest’ultime edizioni e candidature stanno ormai consolidando un trend altrettanto visibile: competizioni divise fra almeno due paesi, anche non confinati, e sparse nello stesso continente o addirittura in due o più.