La crescita del calcio femminile tra numeri mondiali e riforme nazionali

La crescita e l’evoluzione, socioeconomica e normativa, del calcio femminile è sotto gli occhi di tutti, addetti ai lavori e non.

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La nazionale femminile (Photo by Alessandro Sabattini/Getty Images)

Gli avvocati Federico Venturi Ferriolo, Partner e Lorenzo Vittorio Caprara, Associate del team sport di LCA Studio Legale hanno scritto per Calcio e Finanza una analisi sul calcio femminile, tra i numeri mondiali e la riforma dello sport in Italia.

Il 20 luglio si è assistito al calcio d’inizio alla nona Coppa del mondo femminile FIFA in Australia e Nuova Zelanda. La prima coppa del mondo femminile disputata nell’emisfero australe. La prima a 32 squadre, rispetto alle 24 dell’edizione francese, proprio come nel maschile (almeno fino al 2026). A giugno il Presidente della FIFA Gianni Infantino ha annunciato il superamento del milione di biglietti venduti (1.032.884) per il torneo che vedrà la partita conclusiva disputarsi il 20 agosto al Sydney Olympic Stadium, un impianto da ben 81.500 posti. Le calciatrici della nazionale che si aggiudicherà la vittoria riceveranno la cifra di 250.000 euro, mentre 28.000 euro saranno garantiti a ciascuna calciatrice partecipante alla competizione.

La FIFA stima che 2 miliardi di persone guarderanno le partite, a fronte dei circa 1,12 miliardi di spettatori che si sono sintonizzati, su tutte le piattaforme, per seguire la Coppa del mondo femminile FIFA Francia 2019™. Si stima inoltre che il torneo alla fine genererà per la FIFA circa 200 milioni di dollari di ricavi da broadcasting, nonostante l’obiettivo dichiarato fosse intorno ai 300 milioni. Numeri molto distanti da quelli della coppa del mondo maschile, ma comunque numeri in fortissima crescita per un torneo per la quale a maggio la FIFA aveva espresso disappunto a causa di offerte definite troppo basse per l’acquisto dei diritti televisivi del torneo.

La crescita e l’evoluzione, socioeconomica e normativa, del calcio femminile è sotto gli occhi di tutti, addetti ai lavori e non. Già nel 2017 la Chief Women’s Football Officer della FIFA, Sarai Bareman, sottolineava come il calcio femminile rappresentasse “la maggiore opportunità di crescita per lo sport”.

Nel 2020 il 16% dei campionati femminili nazionali è stato classificato come professionistico, il 32% come semi-professionistico e il 52% come amatoriale. In Europa, nel 2022, la UEFA ha registrato un aumento del 77% del numero di calciatrici professioniste nei campionati di calcio femminile nelle ultime tre stagioni e l’83% dei campionati ha dichiarato che la qualità del calcio è migliorata nello stesso periodo. L’attendance totale alle partite della UEFA Women’s Euro 2022 è stata di 574.875 spettatori provenienti da 104 Paesi. Da allora, si è registrato un aumento del 289% dei diritti di broadcasting e 453 milioni di interazioni cumulate sui social media.

La fanbase globale del calcio femminile sta crescendo, raggiungendo i 144 milioni nel 2022 con la possibilità di raddoppiare entro il prossimo decennio. Secondo la UEFA, si registrano continuamente record di presenze: dai 91.648 spettatori del quarto di finale di Champions League al Camp Nou agli 87.192 tifosi che hanno assistito alla finale di UEFA Women’s EURO a Wembley.

I numeri in Italia

In Italia, nel 2020/21 una media di 159.282 spettatori in televisione ha seguito le partite femminili, con la partita più vista, la finale di Supercoppa tra Juventus e Milan dell’8 gennaio 2022, che ha raggiunto un pubblico di 352.000 spettatori. Anche i ricavi dei diritti di trasmissione sono aumentati del 38% rispetto ai numeri del 2019/20 e del 2020/21, e per la prima volta sono stati venduti all’estero i diritti di broadcasting. Inoltre, nel 2022 il valore delle sponsorizzazioni è aumentato del 30% rispetto alla stagione precedente. Il 22 marzo scorso, con 39.454 spettatori, la partita Roma-Barcellona di UEFA Women’s Champions League giocata allo stadio olimpico di Roma è stata la partita con più spettatori di sempre nel calcio femminile italiano.

Il passaggio al professionismo

Da aprile 2022, è stato esteso il professionismo sportivo anche al campionato di Serie A organizzato dalla Divisione Calcio Femminile della FIGC. Certamente nel nostro Paese tale passaggio, seppur limitato alla sola Serie A, ha rappresentato una svolta epocale per ciò che riguarda la gestione economico-sportiva dei club che decidono di investire nel femminile. Scelta che peraltro non è del tutto arbitraria, posto che la stessa FIGC dal 2016 prevede che il rilascio della licenza nazionale per i club maschili delle serie professionistiche sia condizionata al rispetto di determinati parametri sportivi-organizzativi relativi al tesseramento di calciatrici. In particolare, i sistemi delle licenze nazionali 2022/2023 prevedono che le società professionistiche richiedenti la licenza debbano tesserare un determinato numero di calciatrici, che varia in base al campionato a cui si chiede l’iscrizione, “di età compresa tra i 5 e i 12 anni, ai fini della partecipazione ai Campionati e/o Tornei Ufficiali Esordienti e/o Pulcini, all’interno del proprio settore giovanile”. Tale impegno, che mira a favorire la promozione e lo sviluppo del movimento calcistico giovanile femminile, sarà in alternativa considerato come rispettato nel caso in cui: (a) la società abbia acquisito il titolo sportivo o le partecipazioni di controllo in una società di calcio femminile che prenda parte almeno al campionato di promozione; o (b) concluda un accordo di collaborazione con una società di calcio femminile che prenda parte almeno al campionato di promozione o che abbia il numero di calciatrici richiesto dal sistemi delle licenze nazionali e ne assuma gli oneri di gestione sostenuti per la partecipazione ai campionati.

Il passaggio al professionismo ha comportato anche l’introduzione di un salario minimo che si assesta sui 26 mila euro lordi all’anno. Inoltre, essendo stata la FIGC l’unica federazione a deliberare il passaggio al professionismo delle proprie divisioni femminili, tale scelta ha determinato l’accesso integrale ai finanziamenti statali a disposizione delle federazioni sportive che hanno deliberato tale passaggio, per un ammontare di 10,7 milioni di euro per il triennio 2020-2022. L’articolo 39 del D.lgs. 36/2021 ha previsto che tali spese fossero destinate per l’anno 2020 per far fronte alle ricadute dell’emergenza sanitaria da Covid-19 e per gli anni 2021 e 2022 alla “riorganizzazione e al miglioramento delle infrastrutture sportive; al reclutamento e alla formazione delle atlete; alla qualifica e alla formazione dei tecnici; alla promozione dello sport femminile; alla sostenibilità economica della transizione al professionismo sportivo; all’allargamento delle tutele assicurative e assistenziali delle atlete”.

Ad ogni modo, rimane a discrezione delle proprietà la scelta di iscriversi al campionato professionistico di serie A o rimanere nell’alveo del dilettantismo. Dilettantismo che dal 1° luglio 2023, per effetto dell’entrata in vigore delle norme del D.lgs. 36/2021 (la cosiddetta “Riforma dello Sport”), non potrà non tenere conto dell’introduzione nel nostro ordinamento della nuova figura del lavoratore sportivo, volta oggi a ricomprendere non più solo i lavoratori (e le lavoratrici) del professionismo, ma “l’atleta, l’allenatore, l’istruttore, il direttore tecnico, il direttore sportivo, il preparatore atletico e il direttore di gara che, senza alcuna distinzione di genere e indipendentemente dal settore professionistico o dilettantistico, esercita l’attività sportiva verso un corrispettivo. È lavoratore sportivo anche ogni tesserato, […] che svolge verso un corrispettivo le mansioni rientranti, sulla base dei regolamenti dei singoli enti affilianti, tra quelle necessarie per lo svolgimento di attività sportiva, con esclusione delle mansioni di carattere amministrativo-gestionale”.

Le novità nella prospettiva dei club

Ebbene, abbiamo avuto il piacere di approfondire queste tematiche con Alfio Serafico, Responsabile Tecnico del Frosinone Calcio femminile. Come è noto, il Frosinone Calcio maschile è stato appena promossa in Serie A. Tuttavia, il successo – dentro e fuori dal campo – del club, insieme alla sua strategia di sostenibilità, è trainato anche dall’investimento e dalla fiducia riposta nel calcio femminile. La squadra femminile è attualmente in Serie C e il settore rappresenta per il club uno strumento prezioso per la sua crescita, considerandolo una risorsa chiave per raggiungere risultati sociali e ingaggiare la community.

Serafico ha sottolineato come il legislatore italiano, nel redigere la riforma, abbia tenuto in grande considerazione le attività di un gran numero di lavoratori, ancorché non operanti nel professionismo. Ad esempio, prevedendo l’inserimento dei lavoratori delle società non professionistiche nel Registro Nazionale delle Attività Sportive Dilettantistiche, il legislatore ha sottolineato l’importanza della registrazione e del riconoscimento di tutta una serie di lavoratori qualificati che operano nel dilettantismo – compreso il calcio femminile fino alla seconda divisione. Tutti i nuovi diritti previsti per le calciatrici avranno la conseguenza di professionalizzare, dal punto di vista tecnico-manageriale (indipendentemente dall’appartenenza al professionismo dal punto di vista normativo) l’intero movimento. “Tutte le società, anche quelle dilettantistiche, saranno spinte ad assumere figure più professionalizzate (tra cui direttori sportivi, allenatori, preparatori atletici, ecc.) e questo miglioramento delle capacità e delle competenze manageriali nelle società sarà un volano per la crescita” ha detto Serafico.

Per quanto riguarda i cambiamenti derivanti dall’introduzione della figura del “lavoratore sportivo”, si tratterà sicuramente di un passo avanti su come le calciatrici svolgeranno effettivamente la loro attività lavorativa. Serafico sottolinea come le calciatrici “avranno certamente più tutele e diritti, ma anche più doveri nei confronti della società”. La componente di obblighi e doveri derivanti dall’instaurazione di un rapporto di lavoro secondo la legge italiana è spesso sottovalutata. Le calciatrici che saranno riconosciute come lavoratrici saranno chiamate a rispettare tutta una serie di doveri tipici dei lavoratori dipendenti, che condurranno in ultima istanza alla professionalizzazione del settore e alla crescita del movimento.

Tuttavia, la Riforma dello Sport potrebbe anche comportare qualche ostacolo per le società sportive. Dovremo aspettare alcuni mesi o anni per comprendere appieno gli effetti della Riforma. Tuttavia, alcuni club dovranno adattare la loro struttura organizzativa per conformarsi ai nuovi standard legali. Ciò potrebbe comportare costi aggiuntivi legati alle nuove assunzioni e alle nuove funzioni da implementare all’interno dei club (ad esempio in relazione alle risorse umane). Tuttavia, Serafico sottolinea come “la necessità di adattarsi a questo cambiamento avrà, si spera, l’effetto finale di portare a una maggiore professionalizzazione e/o managerializzazione dei club”.

Queste nuove strutture organizzative richiederanno anche nuovi investimenti in capitale umano. Le società dilettantistiche dovrebbero investire in giovani professionisti disposti a sfruttare i nuovi strumenti giuridici offerti dalla riforma per promuovere la crescita del club in vista del passaggio al professionismo. Serafico sottolinea che “In definitiva, la riforma vuole spingere le società, anche quelle dilettantistiche, a fare un passo avanti, a entrare in un mondo sportivo più regolamentato, con più tutele e con persone più aggiornate e competenti””.

Serafico aggiunge che la crescita del dilettantismo, soprattutto per quanto riguarda il calcio femminile (dove tutte le società sono dilettantistiche a parte la Serie A), è fondamentale per la crescita dell’intero movimento. Afferma che “tutte le categorie sono legate tra loro, e se crescono i club dei gradini più bassi, alla fine cresce tutto il movimento, comprese le squadre femminili che già giocano nel professionismo”. Se le società dilettantistiche lavorano oggi sulla loro struttura organizzativa e sulla professionalizzazione, il giorno in cui giocheranno effettivamente in un campionato professionistico tale campionato sarà caratterizzato da una maggiore competitività e l’intero sistema beneficerà di un calcio più attrattivo e sostenibile.