Perché la Borsa Italiana non può replicare l'esplosione delle IPO della Cina?

Il panorama delle IPO in Cina è fiorente, mentre le società europee sono costrette a ritirare le loro quotazioni. Quali sono i motivi di questa disparità? Analizziamo i fattori che…

Opa De Agostini Dea Capital

Il panorama delle IPO in Cina è fiorente, mentre le società europee sono costrette a ritirare le loro quotazioni. Quali sono i motivi di questa disparità? Analizziamo i fattori che frenano l’Italia e più in generale l’Europa e quelli, invece, che favoriscono il gigante asiatico.

Il volatile mercato Europeo e delle IPO italiane

Il mercato delle IPO in Italia è stato in costante crescita negli ultimi anni, con un boom generoso nel 2021 e con una serie di importanti aziende italiane che hanno optato per la quotazione in Borsa. Ma negli ultimi tempi c’è stata un’impennata di fluttuazioni del mercato europeo, influenzata dalle instabilità politiche e dalla caduta del prezzo del petrolio. Di conseguenza, c’è stata una contrazione delle operazioni IPO. Soprattutto nell’ultima parte del 2022, che si è concluso come un anno nefasto. Infatti, se nel 2021, circa 400 aziende hanno raccolto ben 142,4 miliardi di dollari, nel 2022 l’attività si è quasi fermata e ci sono state solo 70 offerte pubbliche iniziali e 7,7 miliardi di dollari raccolti.

Tabella IPO international

(Image: Renaissancecapitol.com)

La Cina: un’economia di sviluppo

Il contesto economico e la struttura di mercato sono le ragioni principali per cui la Borsa Italiana non può replicare la raffica di IPO che invece stanno fioccando in Cina. L’economia del colosso asiatico è in gran parte ancora in fase di sviluppo, con un’enorme base di investitori retail e una vasta gamma di aziende emergenti che provano a raccogliere fondi attraverso l’emissione di azioni. Mentre il mercato italiano è ben sviluppato, ha un numero di aziende limitate che cercano di ottenere finanziamenti, quindi una base di investitori più piccola. Di conseguenza, la capacità di emettere IPO in un breve periodo di tempo tra i due Paesi non può essere la stessa.

 PIL della Cina

(Image: Tradingeconomist.com)

Maxim Manturov, Responsabile della consulenza sugli investimenti di Freedom Finance Europe, afferma che: “uno dei principali fattori del prospero mercato delle IPO in Cina è la politica monetaria più accomodante della People’s Bank of China. Inoltre, il governo continua a stimolare l’economia per sostenere vari settori. All’inizio di agosto, il governo cinese ha annunciato misure di stimolo volte ad accelerare la crescita dell’economia fluttuante cinese. Il nuovo stimolo ammonterà a circa 300 miliardi di yuan di sostegno creditizio alle banche statali e altri 500 miliardi di yuan alle autorità locali da spendere in infrastrutture”.

Il quadro normativo italiano verso quello cinese

L’Italia ha un quadro politico e normativo più sfavorevole alle IPO rispetto a quello della Cina. Quest’ultima infatti, ha una struttura di mercato più flessibile e un ambiente di sviluppo più attrattivo, che consente alle aziende di accedere più facilmente ai mercati finanziari. Un sistema che incoraggia a monetizzare le loro attività attraverso il mercato azionario. Mentre l’incertezza economica e l’aumento dei tassi di interesse hanno bloccato le imprese italiane. Ma per cercare di attirare nei listini le aziende sempre più scettiche, recentemente, la Consob ha approvato diverse normative atte ad alleggerire il numero di documentazioni necessarie alle società che si preparano al debutto in Borsa.

Si tratta di ordinamenti che sono coerenti con il Listing Act dell’Unione Europea che incentivano proprio le aziende a quotarsi, riducendo i costi e semplificando e snellendo la burocrazia. Combinazioni che sono state spesso alla base del ripensamento o al ritiro delle società nel momento del lancio, quando si sono spesso trovate ad affrontare troppi faldoni informativi. Documenti che, oltre ad essere costosi, avevano anche il rischio della mancata privacy e potevano finire in mano ai competitor. Inoltre, vi era una massiccia esposizione dei manager a cui era richiesta maggior visibilità e trasparenza, costringendoli a vincoli che non sempre erano voluti. Le nuove regole spingono verso un’attrattiva e una competitività del mercato italiano verso quello internazionale. Ben venga quindi un’agevolazione nei processi di quotazione, un abbassamento dei costi e un allineamento verso gli altri regolamenti globali, sempre però, che non vada a danneggiare la reputazione del listino stesso.

L’inflazione incombe nel 2023

Altri fattori di instabilità che rendono precari i mercati finanziari di Italia e di tutta Europa sono l’incertezza della recessione e un alto tasso di inflazione che sta mordendo ferocemente le economie di tutti i Paesi. Un quadro di ulteriore turbolenza che non aiuta le società a quotarsi in Borsa. Anche se il 2023 è un anno molto importante per le IPO, con tante aspettative tra nomi già noti dall’anno scorso e le grandi novità in arrivo. Tra i vantaggi c’è la probabilità di captare le performance positive dei nuovi, anche se è ancora presto per sapere quali saranno i titoli con i trend positivi.

Le aziende italiane, per cercare di limitare l’impatto della volatilità e competere con quelle cinesi e di altri paesi più attivi, devono diversificare i propri portafogli, concentrarsi su una varietà di settori, acquisire una buona reputazione tramite una crescente e corretta gestione finanziaria e una buona comunicazione con gli investitori. Questi a loro volta devono comprare azioni di società solide con una buona capacità di creare valore a lungo termine.