Mezzo miliardo di euro. E’ quanto finora “sparito” in Italia in seguito alle truffe, vere o da accertare, che stanno emergendo negli ultimi mesi dal mondo delle criptovalute. Una cifra probabilmente destinata ad essere rivista al rialzo.
Il processo è semplice: i risparmiatori sono attratti dalla possibilità di partecipare al banchetto dei nuovi ricchi degli asset digitali, investendo i propri risparmi in nuove criptovalute e strumenti di investimento. Un’indagine della Federal Trade Commission americana ha però stabilito che il 98% di questi strumenti è una truffa.
Come riporta la Stampa, in Italia il caso più recente è quello della New Financial Technology, società di Silea, su cui indaga la procura di Pordenone, in quanto potrebbe aver fatto andare in fumo oltre 100 milioni di euro. La Nft garantiva ritorni mensili del 10% sul capitale investito grazie a degli algoritmi proprietari in grado di comprare e vendere asset digitali su diverse piattaforme di scambio. Dallo scorso giugno la Nft ha smesso di pagare, i conti dei clienti chiusi e i manager spariti. L’ipotesi è che dietro questa società non ci fosse altro che uno schema truffaldino, dove le cedole venivano date con i soldi arrivati dai nuovi investitori, e non da algoritmi, forse mai esistiti. In altre parole, uno schema Ponzi. Secondo le associazioni dei consumatori con la Nft di Silea potrebbero essere andati in fumo almeno 100 milioni di euro.
Cifra irrisoria se si guarda oltreconfine. Con uno schema identico la bulgara Onecoin ha fatto sparire 6 miliardi di dollari. L’indiana Bitconnect 4. La rumena Bitclub 3. Una lunga lista che vede almeno 7 casi di truffe superiori al miliardo.
«Truffe cripto? In realtà così diamo un nome diverso a un fenomeno già noto. Si tratta di schema Ponzi. I guadagni promessi dal mondo cripto hanno solo fatto riemergere un meccanismo già collaudato – spiega Antonio Simeone, amministratore delegato di Euklid, fondo di algotrading, e tra i massimi esperti in Italia di investimenti e criptovalute -. È difficile fermarle. Spesso tutto si gioca sulla comunicazione, sulla fiducia che si ha nei confronti di un amico, di un parente, di qualcuno che per qualche motivo ci convince. Alla base c’è la speranza di guadagnare molto come chi è riuscito a farlo prima, sperando che non sia troppo tardi. Spesso una volta convinti che il mondo delle cripto sia meglio di quello della finanza tradizionale è come convincersi di un’ideologia. Alimentata dalla comunicazione, dai social, da bravi comunicatori che assicurano che la nuova Eldorado sostituirà l’intero sistema finanziario. È un Far West di informazioni e nuovi prodotti, non ci sono regole».
Rimanendo in Italia, nelle ultime settimane è emerso il caso Juicy Fields, società che prometteva ritorni del 66% investendo in cannabis tramite cripto. Ora i fondatori di questa società sono spariti, e i conti dei propri clienti congelati. A Firenze lo scorso maggio è cominciato il processo per il caso Bitgrail: 130 milioni in cripto spariti, di cui prima il proprietario della società ha denunciato il furto tramite un attacco hacker, ora è a processo per bancarotta fraudolenta perché gli inquirenti ritengono che il furto l’abbia causato lui. Se le accuse fossero confermate si tratterebbe della più grande frode nel mondo delle criptovalute fatta in Italia. Per ora.
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