Le cifre sono impressionanti: lo sport in Italia fattura, ogni anno, circa 96 miliardi di euro e il settore delle scommesse, legate appunto a eventi sportivi, rappresenta lo 0,35% del Prodotto interno lordo (anno 2020 e 2021). Soldi che per la maggior parte dei casi finiscono nella casse dei titolari dei bookmaker e nelle casse dello Stato e, quasi mai, in quelle degli ignari “giocatori” abbagliati dalla possibilità di una vincita elevata, con pochi spiccioli. Le tecniche usate dalle sale scommesse e dai bookmaker tradizionali sono infatti legate all’erogazione di bonus o alla maggiorazione delle quote in maniera direttamente proporzionale al numero degli eventi oggetto della schedina, senza però specificare che all’aumentare degli eventi corrisponde, in termini statistici, una minore possibilità di buona riuscita della scommessa.
“Il trading sportivo -spiega Filippo Accorinti, fondatore di I’m Trader- nasce proprio dalla necessità di contrastare il fenomeno sociale della ludopatia nell’ambito delle scommesse sportive e le centinaia di sciacalli che guadagnano sulle perdite dei loro seguaci, tipster samaritani che erogano pronostici gratuiti alle loro community sui canali social, a condizione di registrarsi in una delle tante piattaforme di scommesse attraverso un loro codice d’iscrizione che darà ai giocatori una condizione di vantaggio per le prime giocate (rimborso sulle perdite, quote maggiorate, bonus). Quello che il giocatore non sa è che, grazie a questo codice di affiliazione, il tipster riceve una percentuale che si aggira intorno al 30/35% sulle perdite generate dal giocatore iscritto sotto quel codice. Facciamo un esempio: se il mago indovino‘condivide’ o ‘consiglia’ una giocata di 10€ ai suoi seguaci -immaginiamo che siano un milione tra instagram e telegram- e se quel consiglio, che poi risulta errato, viene recepito da circa il 50% dei follower, il bookmaker incassa 5 milioni di euro, ma il tipster 1,5 milioni. Ecco perché la prerogativa di chi dà queste ‘dritte’ è quella di condividere poche indicazioni che vadano a buon fine. Questi consigli hanno la stessa funzione dell’amo”.
Il trading sportivo, quindi, cambia il paradigma utilizzando concetti usati nei mercati finanziari (Forex, Commodities, Crypto) e rivoluzionando completamente il modo di vedere e di usare i mercati sportivi. Opera non su un bookmaker tradizionale ma su un Exchange (come succede per la borsa). Una piattaforma, legale al 100%, con tutti i permessi e le licenze da parte dei Monopoli di Stato, che consente lo scambio di operazioni tra privati: “In questo caso -spiega ancora Accorinti- il bookmaker si limita a fare da intermediario fra lo scambio di operazioni decise dagli utenti, prendendo un 5% sulle operazioni andate a buon fine (vincite). Questo è il motivo per cui questa forma innovativa (anche se presente da quasi 20 anni) non viene adottata né tanto meno pubblicizzata dai bookmaker. Facile intuire il perché: come Exchange si incassa il 5% su ogni operazione riuscita, come bookmaker tradizionale invece il 100% delle perdite. Questo sistema, inoltre, offre un altro importante vantaggio agli utenti: la possibilità di uscire prima della fine di un evento sportivo, accettando un profitto o una perdita, che sarà dettato dalla differenza del valore della quota di entrata e la quota di uscita. Ovviamente la parte mentale è fondamentale nell’iniziare e proseguire in questa attività perché bisogna cambiare la visione da scommettitore e iniziare a vedere lo sport come un mercato finanziario e questo non è facile per chi, per tutta la vita, ha fatto e continua a fare scommesse”.
Ecco perché nasce la necessità di una guida e di un metodo scientifico che aiuti gli utenti in questa transizione, con un supporto continuo che possa permettere a chiunque di avvicinarsi al trading sportivo: “Abbiamo visto -continua Accorinti- i punti in comune con le operazioni sui mercati finanziari, ma occorre dire che ci sono alcuni aspetti che rendono il trading sportivo addirittura più vantaggioso di quello finanziario. Ad esempio, l’aspetto fiscale: i profitti generati con l’attività di trading sportivo sono tassati alla fonte, ossia è la piattaforma di Exchange a pagare le tasse allo stato sulla percentuale che incassa dallo scambio di operazioni, il che significa che quello che arriva in tasca all’utente è netto e senza ulteriori aggravi. I profitti generati dalle attività di trading finanziario hanno invece una tassazione che va dal 12 al 26% con l’obbligo di dichiarazione. Ma non solo: per iniziare un’attività di trading finanziario è indispensabile conoscere i mercati finanziari, avere conoscenze spiccate di economia nazionale e internazionale e possedere grandi capitali, cose che non servono per il trading sportivo. L’unica cosa necessaria è la formazione, come accade in qualsiasi attività imprenditoriale e di investimento”.
I’m trader è in tal senso un mai visto in Italia. Basti pensare che nella stagione calcistica appena finita, il percorso avanzato di Filippo Accorinti, chiamato Club del Lupo, ha raggiunto un risultato positivo del +209,19% da settembre 2021 a maggio 2022. (www.imtrader.it/clubdellupo). Tutto questo grazie alle strategie e agli strumenti (come il software per le analisi Mymind) messe a punto dallo stesso Accorinti. L’obiettivo aziendale è quello di far conoscere a più persone possibili questa attività come alternativa o come via d’uscita alle scommesse tradizionali e, perché no, anche dalla ludopatia. I’m trader mette anche disposizione degli interessati una consulenza informativa gratuita con un membro del team nella quale dissipare tutti i dubbi e le curiosità su questo mondo poco conosciuto ma molto profittevole.