Dal Pino si dimette, Serie A di nuovo nel caos: e adesso?

Paolo Dal Pino non è più il presidente della Lega Serie A. Sono arrivate oggi infatti le dimissioni del manager milanese, che lascia così la carica dopo due anni con…

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Paolo Dal Pino non è più il presidente della Lega Serie A. Sono arrivate oggi infatti le dimissioni del manager milanese, che lascia così la carica dopo due anni con una lunga lettera indirizzata ai club del massimo campionato.

Il nome di Dal Pino era spuntato dopo il caos legato ad altre dimissioni, quelle di Gaetano Miccichè, che aveva fatto un passo indietro il 19 novembre 2019 dopo l’indagine relativa alla sua nomina a presidente di Lega. Dal Pino è stato così eletto presidente della Lega la prima volta l’8 gennaio 2020, caldeggiato tra gli altri dal patron della Lazio Claudio Lotito. “Paolo Dal Pino l’ho portato io in Lega Serie A, l’ho proposto io come presidente. È una persona valida, con grandi qualità morali e professionali, ci può far fare un salto in avanti sui diritti tv ma i soldi vanno cercati, non c’è nessuno che ti aspetta per darteli”, le parole dello stesso Lotito nel febbraio 2020.

Due mesi dopo la nomina a presidente, tuttavia, Dal Pino deve fare i conti con la pandemia, che porta allo stop a tutti i campionati. E nel caos arriva anche lo scontro con il numero uno dell’Inter Steven Zhang, che nel marzo 2020 arriva addirittura a dargli del pagliaccio: “Giochi con il calendario e metti sempre la salute pubblica al secondo posto. Sei forse il più grande e oscuro pagliaccio che abbia mai visto. Sì, sto parlando a te. Al nostro presidente di Lega Paolo Dal Pino. Vergognati”.

Il calcio riparte poi a giugno con la Coppa Italia, riuscendo tra mille difficoltà a chiudere la stagione ad agosto. Nel peggior momento di crisi, a maggio, intanto però le prime idee di Dal Pino sembrano portare frutti: nel piano del manager esperto di telco, infatti, c’è la volontà di trasformare la Lega Serie A in una media company, aprendo anche le porte ai fondi di private equity. La cordata CVC-Advent-Fsi arriva ad offrire 1,7 miliardi per il 10% della nuova media company, ma l’operazione dopo un lungo tira e molla salta, con l’opposizione ferrea su tutti di Lotito e De Laurentiis, a cui si sono aggiunte poi Juventus e Inter anche per il caso Superlega.

Tanto che la posizione di Dal Pino scricchiola: nel gennaio 2021, al momento della rielezione (che appariva una formalità), servono tre votazioni per rieleggerlo come presidente. Risultati che portano lo stesso Dal Pino a fare un passo indietro, salvo poi accettare la nuova nomina. A far cambiare idea ad alcuni presidenti, su tutti il patron della Lazio Lotito, è anche la vicinanza sempre più stretta con Gabriele Gravina, presidente della Figc, con cui Dal Pino condivide diverse “battaglie” con il Governo, dal tema nuovi stadi fino agli scontri sulle capienze degli ultimi mesi.

La situazione è così degenerata nelle ultime settimane. Dal Pino già da alcuni mesi aveva scelto infatti di trasferirsi negli Usa, salvo inizialmente rimandare per cercare di risolvere alcuni dei problemi (su tutti il tema capienze) prima di lasciare. Ma nell’ultima settimana sono arrivati due colpi pesanti, che hanno spinto il presidente a dimettersi: prima l’elezione di Gaetano Blandini, dg della Siae, come consigliere indipendente di Lega “voluto” da Lotito che ha così ritrovato la maggioranza in assemblea dopo mesi, con Dal Pino uscito particolarmente scuro in volto dall’hotel Sheraton dove i club si erano riuniti.

Poi la decisione di alcuni club di scavalcare la Lega sul tema della riforma dello Statuto voluta dalla Figc (in particolare sul tema delle maggioranze, che passerebbe su alcuni temi come i diritti d’archivio dagli attuali due terzi dei voti a favore alla maggioranza semplice), con una lettera inviata al presidente del Coni Malagò e alla Sottosegretaria allo Sport Vezzali per sottolineare come la norma voluta da Gravina fosse “non conforme al diritto”. Il clima, però, si è inasprito ulteriormente: alcuni club infatti hanno fatto un passo indietro sul contenuto della lettera, mentre Gravina ha replicato parlando di “imbarazzo e sconcerto”.

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Si arriva, così, alle dimissioni di oggi. E ora cosa succederà? L’addio di Dal Pino arriva in un momento complicato, con una spaccatura profonda tra Figc e Lega proprio nel momento in cui il calcio italiano doveva mettersi intorno a un tavolo col Governo per parlare di aiuti e ristori. La stessa Figc ha voluto sottolineare come ora la Lega debba indire al più presto le elezioni per il nuovo presidente, anche alla luce del fatto che non è mai stato eletto un vicepresidente (da statuto sarebbe infatti il reggente indicato) in via Rosellini. Tra le ipotesi, c’è anche quella di votare ora un presidente, con i nomi di Scaroni e Percassi emersi in pole: opzione che permetterebbe anche di evitare un eventuale commissariamento da parte della Figc in caso il tentativo di eleggere il successore di Dal Pino dovesse prolungarsi. La Federcalcio ha infatti concesso ulteriori 15 giorni alla Lega per aggiornare lo Statuto: nel caso non ci riuscisse, arriverebbe un commissario ad acta per il tema statuto ma non è da escludere, nemmeno, un commissario straordinario per tutta la gestione della Serie A.

Per ora, tuttavia, non sono ancora emersi nomi sul possibile nuovo presidente: serviranno 14 voti a favore (che scendono alla maggioranza semplice dalla terza elezione) ma ad oggi nessun fronte dei club li ha già in mano. D’altronde, non è così facile trovare una figura adatta, come era già successo con Dal Pino a fine 2019. D’altronde, ad esempio, si parla di un ruolo rilevante a livelli di immagine ma non altrettanto in termini economici: Dal Pino ha ridotto le cifre previste per il ruolo di numero uno rispetto ai 300mila euro previsti dai predecessori e riceveva circa 100mila euro lordi come onorario, ma da ceo di Telit nel 2020 ha ricevuto 890mila dollari (pari a circa 730mila euro). Senza considerare che il rischio è quello di ritrovarsi a dover scendere a patti con 20 presidenti che il più delle volte guardano principalmente al proprio orticello, senza ragionare per il bene comune. Rischiando così di diventare più che altro un parafulmine per tutti e tutto, tra un tentativo di coltellata e l’altro.