Burioni: «Giusto fermare il calcio, atleti non sono immuni»

Il professor Roberto Burioni, virologo dell’ Università Vita-Salute San Raffaele è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport.

Il professore ha parlato dei primi due casi di coronavirus tra i calciatori del…

Juventus - Chievo

Il professor Roberto Burioni, virologo dell’ Università Vita-Salute San Raffaele è stato intervistato dalla Gazzetta dello Sport.

Il professore ha parlato dei primi due casi di coronavirus tra i calciatori del nostro campionato: “Un passo in più nella consapevolezza. Molti hanno vissuto nell’illusione che atleti iper-allenati e iper-controllati potessero, non si sa come, resistere. Ma questo virus contagia tutti. E dico tutti. Giovani, bambini, anziani e pure giocatori di calcio nel pieno della carriera e delle forze. Chiaramente, poi, le conseguenze negli anziani o in chi è debilitato possono essere diverse: io spero che Rugani e Gabbiadini guariscano ed è lecito pensare che sarà così”.

“Il problema, semmai, è che possono aver contagiato altri. E questo lo sapremo solo tra almeno una settimana. Dopo il contatto ci può essere un periodo di incubazione che va dai 5 agli 8 giorni, ma che arriva a volte fino ai 14, durante il quale la persona può ammalarsi e a sua volta trasmettere la malattia. Chi si contagia oggi non si ammala domani, ma tra un po’, ed è per questo che tutta la Juve è in quarantena”.

“Ora non tutto il personale della Juventus deve essere sottoposto al tampone. Rugani si è infettato da poco e, come detto, serve tempo. Ma tutti, da Agnelli a Dybala devono stare rigorosamente isolati. Devono controllare se hanno la febbre un paio di volte al giorno. Devono verificare se hanno anche il più minimo sintomo, sopratutto respiratorio. In quei casi, e solo in quei casi in cui vi è una sintomatologia riconducibile a Covid-19, col famoso tampone si va a vedere se nella gola è presente in qualche forma il virus”.

A proposito delle iniziali polemiche nel mondo del calcio nostrano e alle decisioni prese nei giorni scorsi di fermare tutte le competizioni, il professore si è così espresso: “Mentirei se dicessi che ho seguito le polemiche e, credetemi, io sono appassionato e tifoso. La situazione, però, è ora sotto gli occhi di tutti e lo sport ha capito: non era pensabile giocare col pubblico ed è stato sacrosanto fermare il campionato. È pericoloso anche gareggiare a porte chiuse perché quelli che giocano, lo abbiamo visto, possono essersi infettati da qualche parte. E’ davvero facilissimo…”.

Sulle prospettive future per il ritorno in campo: “Spero proprio che il 2020-21 sia una stagione bella dall’inizio, ma non escludo che in qualche modo si completi anche questa: non possiamo fare previsioni, sappiamo troppo poco di questo virus. Ogni decisione passa solo dagli sviluppi della pandemia nel mondo. Mi concentro su quella, non sul calcio giocato che può attendere.”