Italia Germania confronto calcio italiano tedesco. C’è l’amichevole Italia – Germania, e
come fatto per Italia – Spagna pare giusto dare qualche numero sulla differenza tra noi e loro. Magari provando ad uscire dai luoghi comuni e sottolineando una volta per tutte che
battere i tedeschi è sempre bello, ma nei 90′ si gioca una partita che è ben diversa da quella che si può vedere quando il confronto è più ampio.
Innanzitutto bisogna distinguere i due piani. Un conto è se si vuole parlare di Serie A e Bundesliga, un altro se si vogliono prendere in considerazione le due nazionali.
Basti ricordare che quando loro vinsero il campionato mondiale in casa nostra i vari Berthold e Voeller (Roma), Matthaus, Brehme e Klinsmann (Inter) – tutti in campo in finale – giocavano da noi e di lì a poco Haessler e Kohler (Juventus) li avrebbero raggiunti. E loro mica se ne lagnavano.
Perchè per essere i migliori (e se si hanno le qualità migliori) bisogna giocare nei campionati migliori. Per chiarezza: se i nostri giocatori fossero i più forti e se, ora che i big money stanno altrove, andassero all’estero, la cosa non potrebbe che far bene alla nazionale. A meno che non si pensi che il segreto sia sempre la pastasciutta della mamma.
Sulle nazionali, in particolare, va detto che il movimento tedesco in generale esprime un livello medio superiore al nostro da sempre. Su 18 partecipazioni ai mondiali le vittorie sono state 4 a testa, quelle della Germania sono arrivate tutte nel dopoguerra. I tedeschi hanno vinto 66 partite delle 106 disputate mentre gli azzurri 45 su 83. Già il numero assoluto (stessi mondiali, 23 partite in più dei tedeschi) fa capire
Questo per dire che fortunatamente nel calcio ci sta che li si possa battere nei 90′, noi sappiamo quanto è bello e tutti sanno quanto sia gratificante battere qualcuno che generalmente parte qualche passo avanti, ma complessivamente la Germania – che fa 80,62 milioni di abitanti contro i nostri 59,83 milioni, ed ha una cultura dell’educazione fisica e della formazione sportiva decisamente più avanzata della nostra – da quando si è messa a fare sul serio con il calcio ci è superiore.
Anche, tra l’altro, nell’integrare i “nuovi tedeschi” ovvero i figli di immigrati che (basti vedere la rosa della squadra campione del mondo 2014) formano ormai l’ossatura della squadra nazionale, mentre noi ancora di tanto in tanto polemizziamo sugli oriundi. Andando a memoria basti citare Mesut Ozil e İlkay Gündoğan (Turchia), Sami Khedira (Tunisia), Lukas Podolski e Miroslav Klose (Polonia), Jerome Boateng (Ghana), Mario Gomez (Spagna). Ma ce ne sarebbero molti altri.
Vero che la Germania ha organizzato a partire dal 2002 l’attuale struttura federale, passata attraverso un piano di investimenti sui vivai (336 basi di formazione, 29 centri di coordinamento, mille tecnici federali impiegati part-time). Vero pure che imitandoli possiamo crescere, ma la differenza tra noi e loro è strutturale per non dire genetica: dal mondiale del ’54 ad oggi i tedeschi hanno vinto 4 mondiali e fatto 4 finali (il doppio delle nostre) ed hanno ottenuto 3 terzi posti (noi uno) oltre come detto alle 23 partite giocate in più. Idem agli europei: 3 vittorie e 3 finali tedesche, 1+2 le nostre (anche qui: 79 partite contro le nostre 54). Loro hanno continuità, noi abbiamo picchi d’eccellenza che ci danno grandi trionfi (tanto più belli quanto più forti e temuti sono gli avversari) e fanno la storia ma non cambiano la sostanza.
La differenza di blasone tra le due nazionali giustifica il divario economico e di budget delle due nazionali (ma chiaramente non è l’unico elemento in gioco).
Adidas paga alla Germania 25 milioni di euro fino al 2018 ed è pronta a offrirne 100 a stagione per altri dieci anni per non farsi battere dalla Nike.
Curiosamente, uno sponsor tedesco paga, di fatto, metà dello stipendio di Conte: due anni fa la Puma, rinnovando fino al 2022, ha garantito alla Figc un bonus di 4,4 milioni a stagione, in cambio dei diritti d’immagine del nuovo ct. Ma questo dice di un divario economico tra i due paesi più che di un aspetto calcistico. Il contratto è passato dai 14,3 milioni (più 800mila euro di royalties) del 2013 agli attuali 18,7 milioni (più un milione circa di parte variabile) nel bilancio 2015, che verrà presentato giovedì in consiglio di presidenza.
Nel frattempo però la Germania ha pagato 4,34 milioni di premi ai suoi giocatori per la qualificazione all’Europeo. I 4 milioni che la FIGC riverserà all’Aic nel quadro della ripartizione di diritti d’immagine degli azzurri (in attesa di conoscere l’accordo sui premi per gli europei) non possono quindi che fare contenti gli azzurri, che di certo non si possono sentire sminuiti rispetto ai colleghi tedeschi.
Inutile, invece, dire del
divario economico Bundesliga – Serie A (
il nostro campionato resta comunque superiore per valore dei diritti tv) che non c’entra nulla con la nazionale, nemmeno tangenzialmente e che spesso è più che altro riconducibile a due paesi che vivono un momento economico diverso. Giusto però capire, anche qui, la dimensione di un divario che – lo ripetiamo –
non si può dire determinante sui risultati delle nazionali.
La Bundesliga oggi fattura 2,62 miliardi (la Serie A “solo” 1,84) e ha portato i ricavi commerciali a 520 milioni, incrementando la presenza negli stadi che nel 2000/2001 era di 30.992 persone in media a partita e che oggi tocca le 42.919 unità (quasi il 40% in più) mentre da noi siamo passati da 29.192 spettatori ai 22.422 attuali (-23,2%).
E i tedeschi oltre tutto gestiscono meglio i soldi rispetto a noi. Basti dire che ad oggi occupano il secondo posto nel ranking europeo (dopo averci soffiato la quarta squadra in Champions e d aver sopravanzato anche la Premier League). Come è potuto succedere? Spendono di più? No, semplicemente programmano meglio.
Nell’ultima stagione (dati transfermarkt.it) circa 470 milioni con di investimenti in calciatori con un saldo positivo di 52 milioni di euro mentre noi abbiamo speso 660 milioni perdendone 40 nel saldo finale. E questo accade sistematicamente ogni anno, con le squadre di Serie A che magari a volte perdono meno, ma fanno girare sempre più soldi, a testimonianza che da noi si fanno girare soldi e calciatori mentre in Germania si fanno programmi tecnici con basi ben diverse. E – dal nostro punto di vista – non è un bel vedere.