Nuovo capitolo nel crack Parma. Il Tribunale di Brescia ha disposto ieri il sequestro preventivo con finalità cautelari di alcuni beni di proprietà di Tommaso Ghirardi, per un valore di 4 milioni e 560 mila euro. Ma dietro all’azienda che ha presentato il ricorso che ha fatto scattare il sequestro – ovvero Energy Ti Group, già socio della società emiliana – emergerebbe un passato nebuloso: e lo stesso ex presidente del Parma, dopo una riunione con i suoi più stretti collaboratori e attraverso una delle sue rare dichiarazioni, a far emergere la vicenda.
«Sono molto amareggiato dal provvedimento, benché non si tratti di una sentenza – afferma Tommaso Ghirardi oggi in un articolo su Bresciaoggi -. Al contempo vorrei invitare tutti a riflettere sui soggetti che hanno presentato il ricorso: si deve sapere di che tipo di persone si tratta».
La dichiarazione è velata, ma ben supportata da una rassegna stampa piuttosto ricca: bastano pochi click per accorgersene. Quello che ieri il Tribunale ha accolto è il ricorso di Energy Ti Group, operante nel settore energetico e «controllata» di Energy Trading International: il soggetto giuridico è diverso, ma galassia e board sono gli stessi.
Nella primavera del 2013 – cioè prima dell’arrivo di Manenti a Parma – la controllata firma una sponsorizzazione pluriennale (25 milioni di euro in 10 anni) e rileva il 10% delle quote del Parma. Il prezzo? 5 milioni, di cui 3 milioni e 950 mila euro nelle casse del Parma. Per l’accusa, Ghirardi avrebbe indotto i manager di Energy TI ad acquistare le quote in base a un bilancio «non veritiero» risalente al 30 giugno 2013, antecedente all’inizio del crac ducale.
Con un quadro alterato della reale situazione economica li avrebbe convinti a investire entrando nella società.
Tuttavia l’azienda «madre» al momento in cui la sua «controllata» acquisisce il 10% delle quote del Parma ha un giro d’affari tocca i 300 milioni, i debiti 236 milioni e nel 2013 emerge una perdita di 130 milioni. E sempre nel 2013 il ministero dello Sviluppo Economico le revoca l’autorizzazione alla vendita di gara.
Il bilancio 2013 della società verrà bocciato da sindaci e revisori, che denunciano una «sistematica spoliazione» della società «da parte del suo consiglio», grazie a una tecnica che combina «fatturazioni di operazioni presuntivamente inesistenti» o «sovraffatturazione di operazioni reali».
Un esempio? Gli 8,6 milioni in voli aerei pagati alla En Executive Jet di Lucano nel 2013: 10 mila euro a volo per 860 tratte in un solo anno. Oppure i 20 milioni di una causa vinta con Sonatrach: in due giorni il denaro è «integralmente e immediatamente fagocitato dagli amministratori», dice ancora la nota di sindaci e revisori, e girato in parte a una collegata svizzera per un acconto «su fattura emessa per un’operazione presumibilmente inesistente» e in parte alla Fuel Tech delle isole Seychelles per un «improbabile accordo di transazione».
Di tutto ciò Ghirardi e il Parma non possono essere a conoscenza nella primavera del 2013. Ma si meravigliano che nel 2015 non ne sia a conoscenza il Tribunale di Brescia. Con una nota del suo ufficio legale, Ghirardi conclude così: «Energy TI ha proposto un ricorso per sequestro conservativo che è stato inizialmente respinto e successivamente accolto in sede di reclamo. Il provvedimento ha natura e finalità esclusivamente cautelari: non è una sentenza, e si limita a una valutazione puramente sommaria. La cognizione piena sarà riservata al giudizio di merito che non è neppure iniziato. Confido che l’accertamento pieno che verrà svolto in giudizio, consentirà di provare la assoluta mancanza di fondamento delle tesi di Energy TI».