Dnipro: tra soldi e politica, la squadra che sogna la finale di Europa League

Soldi, politica, televisioni, costruzioni. Persino il bunker nel quale è morto Adolf Hitler. C’è un po’ di tutto nel calderone del Dinpro, la squadra che ha affrontato il Napoli nella…

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Soldi, politica, televisioni, costruzioni. Persino il bunker nel quale è morto Adolf Hitler. C’è un po’ di tutto nel calderone del Dinpro, la squadra che ha affrontato il Napoli nella semifinale d’andata di Europa League e che, grazie al pareggio al San Paolo, ha un piede nella finale di Varsavia. Una finale che potrebbe arrivare nonostante i soli 2,25 milioni di euro spesi sul mercato: il saldo è infatti positivo per circa 3 milioni.

Nato come Brianskyi Robitnychyi Industrialnyi Tekhnikum Dnepropetrovsk, il club ha spesso avuto alle spalle soldi pesanti. Negli anni 60 la squadra venne sponsorizzata dalla Yugmash, una delle più potenti industrie dell’Unione Sovietica, ma senza grandi risultati: l’unico effetto ottenuto fu quello del cambio di nome in Dnepr, diventato Dnipro con l’indipendenza dell’Ucraina. Un evento, quest’ultimo, che ha visto il club modificare gli attuali colori sociali nel bianco e nel blu.

Il ruolo del Privatbank Group

Oggi, i soldi pesanti sono quelli del Privatbank Group, sul quale si addensano fosche nubi. Addirittura, secondo parte della stampa locale, quando si parla di Group ci si riferisce ad un agglomerato di oligarchi ucraini che assieme non fanno solo affari, ma si contendono il controllo del Paese con metodi più o meno leciti. Il core del gruppo è l’omonima banca commerciale, ma Privatbank si occupa principalmente di gas, petrolio e industria siderurgica. E non disdegna di allargare il proprio business in altri campi. A cominciare dal cibo. A Dnepropetrovsk va forte una bevanda, la Biola, che guarda caso è jersey sponsor del Dnipro: il soft drink è prodotto dal Privatbank. La stessa azienda che di fatto rifornisce di energia elettrica almeno 5 oblasts, le divisioni amministrative nelle quali è divisa l’Ucraina (così come la Russia ed altri Paesi di area slava). E poi, la tv: il Group controlla l’emittente regionale Privat-Tv, oltre a quello nazionale Channel 1+1 e l’agenzia Unian.

A capo del Privatbank Group siede un triumvirato di oligarchi:  Henadiy Boholyubov, Oleksiy Martynov, and Ihor Kolomoyskyi. Il primo vive tra Dnepropetrovsk e Londra, è il quarto uomo più ricco d’Ucraina e il numero 760 nel mondo nel 2014, secondo la classifica di Forbes, con un patrimonio stimato in 1,4 miliardi di dollari. Assieme al socio Ihor Kolomoyskyi (che del trio è il più famoso) è impegnato in una causa contro un altro oligarca ucraino, Victor Pinchuk (sposato con la figlia di Leonid Kuchma, secondo presidente ucraino), per un contratto non onorato su alcuni investimenti minerari. Pinchuk è amico e socio in affari con Rinat Akhmetov, potentissimo oligarca ucraino e proprietario dello Shakhtar Donetsk.

Sì, la trama è complicata. Ma spiega bene equilibri e rapporti di forza che si nascondono dietro il calcio ucraino. Perché la causa – con richiesta di risarcimento danni milionaria, si parla addirittura di 2 miliardi di dollari – evidenzia lo schieramento in atto. Da una parte il gruppo che ruota attorno ai soci del Privatbank e ai proprietari della Dinamo Kiev, ucraini di fede ebraica; dall’altra il gruppo di Akhmetov. Due blocchi che si giocano il controllo del Paese. Kolomoyskyi è di fatto il proprietario del Dinpro e ha un patrimonio stimato in 1,5 miliardi di dollari, sempre secondo Forbes. Fedele a Kuchma, avrebbe poi appoggiato la  Timoshenko, che in cambio, avrebbe preso alcune decisioni politiche volte a favorire il Privatbank. Quindi, l’appoggio alla rivoluzione arancione e il sostegno economico alla campagna elettorale Yanukovich, filo-russo. Infine, la svolta “patriottica” nei confronti dell’Ucraina, dopo i fatti di Maidan. Un impegno politico tradotto anche nel carica di governatore dell’oblast di Dnepropetrovsk per circa un anno.

Verso la finale con 2,25 milioni spesi sul mercato

Visti i recenti problemi causati dalla guerra civile nel Paese, il club non si è potuto concedere un lussuoso calciomercato: non è facile, per un giocatore, scegliere di andare a giocare in Ucraina. Tanto che la squadra gioca a Kiev, dove ha anche affrontato l’Inter nel girone eliminatorio dell’Europa League. Una competizione che potrebbe vedere il Dnipro inatteso finalista. Una sorpresa che aumento se si guarda, come detto, l’ultimo mercato. L’unico acquisto oneroso del club è stato quello di Egidio, difensore brasiliano acquistato dal Cruzeiro per 2,25 milioni di Euro (ne vale ormai il doppio). Per il resto, in entrata la squadra ha registrato l’arrivo dalle giovanili di qualche elemento, più una marea di rientri dai prestiti ad altre squadre ucraine. Tra i parametri zero è arrivato anche Chygrynskiy: qualcuno lo ricorderà acquistato dal Barcellona qualche anno fa, dove però non ebbe fortuna. In Brasile è finito invece per 6 milioni di euro Giuliano, centrocampista offensivo carioca. Anche in uscita, sono stati registrati diversi prestiti, oltre a qualche scadenza di contratto non rinnovata.

Di fatto, quindi, il saldo complessivo del mercato è di +3,75 milioni. Il Dnipro può contare su una rosa che, stando alle valutazioni di Transfermarkt, vale attualmente 82,70 milioni di euro. Tra i giocatori più interessanti ci sono il difensore centrale Douglas (che vale 3 milioni) e il croato Kalinic (6 milioni), oltre la stella Evgen Konoplyanka, valutato 16 milioni di euro e finito nel mirino di diverse squadre, tra cui anche la Roma.

Dal bunker di Hitler alla Dnipro Arena

Non che Kolomoyskyi non abbia sgnaciato soldi, sia chiaro. Uno dei fiori all’occhiello del Dnipro è la Dnirpo Arena. Ovvero, lo stadio di proprietà del club. Costato al patron 65 milioni di euro. Dell’opera si è occupato un gigante dell’ingegneria edile, la Hochtief. Con sede ad Essen, nella Westfalia, l’azienda è un marchio storico dell’industria tedesca. Fondata nel 1874, la Hoctief si è espansa rapidamente nel tempo, arrivando a costruire fuori dai confini già nel 1988, quando realizzò un silos nel porto di Genova. Un ulteriore espansione è arrivata negli anni Venti, quando in seguito al trattato di Versailles la Germania si impegnò a saldare i debiti di guerra con la Francia, organizzando trasporto di materiali in Francia.

Negli anni Trenta, la Hoctief si mostrò collaborativa con il regime nazista, per il quale costruì strade e si occupò in generale di lavori pubblici. Nel 1943, l’azienda costruì per Hitler il Fuhrerbunker, nel quale si suicidò due anni più tardi. Negli anni, l’azienda ha mantenuto una certa leadership in patria e fuori confine, tanto da occuparsi della costruzione di molte opere, dall’Hotel Hilton di Atene alla Commerzbank Tower di Francoforte, fino alla Dnipro Arena. Durante il nazismo, alcuni membri del board furono espulsi, poiché ebrei. Chissà se Kolomoyskyi, di relgione ebraica, è mai venuto a saperlo.