Branchini: "Raiola aveva il dovere di temporeggiare su Donnarumma"

«Raiola aveva il dovere professionale di prendersi tutto il tempo necessario prima che Gigio si sedesse a trattare. C’era in ballo la carriera di un diciottenne con un solo anno…

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«Raiola aveva il dovere professionale di prendersi tutto il tempo necessario prima che Gigio si sedesse a trattare. C’era in ballo la carriera di un diciottenne con un solo anno di contratto». A dirlo è l’agente Giovanni Branchini, in una lunga intervista alla Gazzetta dello sport che dopo settimane affronta la vicenda dell’estate dal punto di vista dei procuratori.

E lo fa sentendo quello che definisce uno dei padri fondatori della discussa categoria degli agenti/intermediari e anche in questi frangenti si batte per fare chiarezza. Una categoria su cui secondo un recente sondaggio della stessa Gazzetta dello sport la maggioranza dei tifosi ritiene che abbiano troppo potere, troppo denaro e nessun rispetto per la loro passione. In buona sostanza, che siano il male del calcio.

Innanzitutto il giudizio sull’accaduto: “Con la firma vincono tutti, a cominciare dal Milan che, in queste settimane, ha dato smalto al club ed entusiasmo ai tifosi. E non era facile perché aveva ereditato una situazione complicata. Bravi Fassone e Mirabelli, ma mi sarei atteso più prudenza e tatto per un caso così particolare”.

Il caso Donnarumma, in alcuni momenti, ha rievocato quello della cessione di Pogba lo scorso anno al Manchester United. Il giudizio di Branchini è netto: “Non è un caso di Third­Part Ownership, vietate dal 2015. Raiola l’ha portato alla Juve con l’accordo sulla eventuale rivendita che gli avrebbe portato una ricchissima commissione, ma tra Mino, la Juve che realizza una plusvalenza comunque eccellente e lo United che ricompra a 110 milioni un giocatore che aveva perso a zero, a voi chi sembra da criticare?”.

Branchini parla poi del fenomeno attuale del boom dei prezzi dei giovani. E in particolare contesta un aspetto dell’organizzazione federale: “Abbiamo giovani forti ma vanno protetti. Invece in Nazionale è nato un fenomeno che contesto: ci sono troppe convocazioni premature. E gli stage creano illusioni a chi la maglia azzurra non la indosserà mai, con il rischio di effetti devastanti sulla loro crescita. Chiedete a un allenatore come torna un ragazzo che crede di essere da Nazionale…”.

Il procuratore ne ha anche per le famiglie: “Sono molto più invadenti di una volta. Io vent’anni fa i genitori di un calciatore li conoscevo al matrimonio, ora a volte sono autentiche mine vaganti”.

Ma anche sulla durata del mercato: «È assurdo che duri tanto a lungo. Così si creano problemi: di programmazione delle società e di gestione per gli allenatori, che hanno la rosa definitiva in ritardo”.